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Giornata Mondiale della Poesia

Enheduana



Buongiorno cari amici, poeti e signora Poesia.

La poesia è sacra

La poesia è come una preghiera,
si impara a memoria e ritorna nella mente
come la musicalità di un ritornello,
rimane affacciata agli pareti dell’anima.
La poesia è sacra.
I poeti sono umani, pochi diventano miti.

Oggi non è un giorno di inizio della settimana, non è solo il primo giorno dopo il Solstizio della Primavera. Oggi è un giorno di riflessione perché il Mondo dovrebbe tornare a sorridere di nuovo, sperare e continuare a vivere in pace. Attualmente nel Mondo sono sei zone di guerra dove esseri umani subiscono la fame, la sete, il razzismo, le privazioni dei medicinali per le cure elementari e non hanno alcuna speranza per curare le malattie più gravi, le privazioni riguardanti l’educazione e lo sviluppo. Pensiamo a questo cercando sempre di muovere le coscienze alzando la voce mettendo in rilievo oltre ai valori importanti anche i problemi per quale si combatte. La Poesia ha la sua importanza anche se per ovvi ragioni è emarginata e distrutta perché attaccando i sentimenti delle persone che la scrivono e leggono viene distrutto anche lo spirito che grida PACE, amore, sogni e concretezza.u

La poesia

La poesia si scrive nelle cornici delle case
Tra vicoli di ombra e luce sospesi tra il cielo e la terra
Nei corpi anoressici di anziani malati di mente
Che con un ultimo sforzo mostrano la vitalità
Come un grido di saluto verso un ricordo
Che le ha portato via ultima briciola di dignità
La poesia sta nel raccogliere il petalo d’un fiore caduto
Dalla aiuola di primole rosa dalla finestra
Che saluta il giorno con fresco incanto di luce bianca
Sui muri che s’affacciano al sole estasiati
© Lidia Popa


Quando il silenzio scrive

Il silenzio dice, più
di quanto si può esprimere.
Quando guardi, osservi tutto
quello che accade.
Quando ascolti, udisci tutto
quello che prima sfugge.
Quando tocchi, senti la finezza o
l’asprezza delle superfici.
Quando annusi, l’odore esalta
davanti alle narici.
Quando parli, interrompi il silenzio
solo per attirare l’attenzione.
Quando piangi, è la tristezza che
vuole cantare al tuo posto.
Quando ridi, è la gioia che
prende la voce al posto delle parole.
Quando vivi un’emozione,
ti lasci andare ai sensi per comprendere.
Quando scrivi, unisci tutti i tuoi sensi
in una carezza di inchiostro blu
che illumina la pergamena e lo spirito.
Il silenzio scrive,
l’occhio della mente legge
e fa delle domande.
La Poesia avvolge i sensi.

©️Lidia Popa

Dato che oggi parliamo della poesia ho pensato alle prime radici della poesia nel mondo. In modo particolare ad una donna che ha vissuto migliaia di anni fa di quale vi leggo i suoi dodici versi conosciuti.
Questa opera ebbe un profondo riconoscimento nella letteratura religiosa sumerica, considerata come uno dei dieci componimenti religiosi più notevoli del momento, l’unico di cui peraltro conosciamo l’autore.

1.Signora di tutti i Me (Nin-me-šar-ra), risplendente di luce
2. Donna virtuosa, vestita dello splendore divino (me-lim), diletta del Cielo e della Terra
3. Sacerdotessa (nu-gig) del dio An, con il grande diadema
4. Colei che ama la tiara consona alla grande sacerdotessa
5. La cui mano impugna (tutti) i sette Me
6. O mia Signora, tu sei la guardiana di tutti i grandi Me
7. Tu hai riunito i Me, tu hai legato i Me alle tue mani
8. Tu hai raccolto i Me, tu hai stretto i Me al tuo petto
9. Come un drago (ušumgal) tu hai lanciato il veleno sui territori dei nemici
10. Quando tu ruggisci alla terra come il dio Iškur, la vegetazione non può resisterti
11. Come un diluvio (a-ma-ru) discendi dalla tua montagna (kur)
12. O potente del cielo e della terra, tu sei Inanna»
(Enḫeduanna, Nin-me-šar-ra (Signora di tutti Me), 1-12.)

A questa poetessa e sacerdotessa dedico i miei versi di oggi, 21 marzo.

Enḫeduanna

Parlate dei poeti al passato
Parlate della poesia al passato
Parlate di me al passato
Non sono più una poetessa
Non sono più la poesia
Era una volta la poesia
Un gran segreto una volta
Quella di altri tempi
Di antichi tempi
Dimenticati tempi
Enḫeduanna Sacerdotessa
Lasciai scritto Nin-me-šar-ra
(Signora di tutti Me)
Divino splendore del Cielo e della Terra
Per essere dimenticata.
©️ Lidia Popa

Altre informazioni raccolte da internet.

Enḫeduanna (… – …; fine XXIV secolo aC ) era una sacerdotessa e poetessa accadica (accadico è una lingua del Mesopotamia).
Vissuta intorno al 24° secolo aC, era la figlia del re accadico Sargon, sacerdotessa del dio Nanna a Ur .
Enheduanna era figlia di Sargon di Akkad, suo padre la nominò gran sacerdotessa della dea Inanna per poter meglio controllare la città di Ur. In seguito sarà nominata somma sacerdotessa del dio An per la città di Uruk.
La principessa divenne molto popolare quando iniziò a comporre inni per gli dei di cui era sacerdotesa. Sembrerebbe inoltre che sia stata la prima a instaurare un rapporto personale con gli dei che serviva, mediante dei dialoghi diretti, come riportati nelle sue opere. Prima poetessa e scrittrice nella storia dell’umanità, è nota sia da fonti successive che contemporanee. La sua più celebre opera è scritta in lingua sumerica e ha come titolo (come “incipit”) Nin-me-šar-ra (Signora di tutti i “Me”), opera più comunemente nota con il moderno titolo di “L’esaltazione di Inanna”.
Del Nin-me-šar-ra, che si compone di 153 righe, conserviamo oltre cinquanta diverse testimonianze, frammenti di tavolette in cuneiforme. Nell’opera viene narrato, in termini a volte oscuri, un drammatico evento della vita di Enḫeduanna: la sua fuga dalla città di Ur ove ricopriva il ruolo di sacerdotessa del dio poliade della città, Nanna (accadico: Sîn; il dio Luna) e il suo esilio nella steppa. L’opera prende quindi la forma di invocazione, affinché gli dèi liberino dall’esilio la sacerdotessa, alludendo a un certo Lugalanne, probabile rivoltoso sumero contro il potere del padre di Enḫeduanna. L’inno si conclude con l’invocazione alla dea Inanna (sumerico; accadico: Iŝtar; dea figlia del dio Nanna) e infine con il ritorno vittorioso della dea, e della sua grande sacerdotessa, nel santuario di Ur.

Originale

«1. Nin me šar 2 -ra ud dalla e 3 -a
2. munus zid me-lim 4 gur 3 -ru ki aĝ 2 an uraš-a
3. nu-gig An-na suḫ-gir 11 gal-gal-la
4. aga zid-de 3 ki aĝ 2 nam-en-na tum 2 -ma
5. me 7-bi šu sa 2 scavato 4 -ga
6. nin-ĝu 10 me gal-gal-la saĝ keše 2 -bi za-e -me-en
7. me mu-e-il 2 me šu-zu-še 3 mu-e-la 2
8. me mu-e-ur 4 me gaba-za bi 2 -tab
9. ušumgal-gin 7 kur-re uš 11 ba-e-šum 2
10. d Iškur-gin 7 ki šeg (KA × LI) gi 4 -a-za d Ezina 2 la-ba-e-ši-ĝal 2
11. a-ma-ru kur-bi-ta ed 3 -de 3
12. saĝ-kal an ki-a d Inanna-bi-me-en »

Il disegno di Dio

Creare una poesia è una magia.
Gocce di parole che scorono
Singole, ataviche, placide…

L’eccelso è tutt’altra cosa.
Non s’inventa.
Si sente un’esplosione da dentro.

Si sogna con occhi aperti.
Il disegno di Dio:
La Creazione.

Sento l’emozione quando si avvicina.
Sussurra come un ruscello.
Mi trascina.
© Lidia Popa

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O zveltă umbră între sacru și profan©️ Lidia Popa

Text multilingv

O zveltă umbră între sacru și profan
©️ Lidia Popa

O zveltă umbră naufragiată dincolo de linia focului sacru,
în tragedia sacrului și profanului ființei umane,
constant o amprentă scrisă cu valoare neatribuită
săpând între cenușa apologetică și ruinele apocaliptice,
în resturile valorilor uitate la frontiera rădăcinilor
unde locuiește cuvântul și dragostea pentru baladă,
libertatea de a alege între viață, moarte și eros,
căderea dintre orizont și umbra lui plutitoare morgană
ce are conotații profunde asimptomatice schizofrenice.

O odisee distrusă de apropierea nostalgică a patricienilor,
sfâșierea superficialului plutitor pentru dragostea de artă,
regulă anormală impusă în pasajul strălucitor defragmentat
de rezonanțe, disonanțe și discordii între patrie și providență,
haosul dintre mit și logos, ruine deconectate pe o cale spinoasă
fără amprentă sau urmă istorică în labirintul Knossos
unde intransitivul și sincronicul trăiesc în pace spirituală
planificând leziuni intuitive printre vechii dispăruți
și momentul metafizic al conștiinței în simbioză cu natura.

Timpul alocă, memoria rămâne, filosofia evoluează,
epoca face al istoriei mister, cerul este catedrala
care ne găzduiește, vocea divină este păstrătorul misterului,
poezia dialogează cu oricine, ticăind ca un orologiu
secundele declinate ale virusurilor care se multiplică,
recreând polisul și istoria cristalelor iridescente centrifugate.
Mesele tăcerii declină cuvântul în timpuri neregulate,
așchii asimptomatice răspândite în colbul neștiinței
aruncând disperarea în realitatea confuză de astăzi.


Un’ombra sottile tra sacro e profano
© ️Lidia Popa

Un’ombra sottile distrutta oltre la linea del fuoco sacro,
nella tragedia del sacro e del profano dell’essere umano,
costantemente un’impronta scritta con valore non assegnato
scavando tra le ceneri apologetiche e le rovine apocalittiche
nei resti di valori dimenticati alla radice del confine
dove vivono la parola e l’amore per la ballata,
la libertà di scegliere tra la vita, la morte e l’eros,
la caduta tra l’orizzonte e la sua fluttuante ombra di morgana
che ha profonde connotazioni schizofreniche asintomatiche.

Un’odissea distrutta dall’approccio nostalgico dei patrizi,
strappando la superficie fluttuante per amore dell’arte,
regola anormale imposta nel passaggio luminoso deframmentato
di risonanze, dissonanze e discordie tra patria e provvidenza,
il caos tra mito e logos, rovine sconnesse su un sentiero spinoso
senza impronta o traccia storica nel labirinto di Cnosso
dove l’intransitivo e il sincrono vivono in pace spirituale
pianificare lesioni intuitive tra gli antichi scomparsi
e il momento metafisico della coscienza in simbiosi con la natura.

Il tempo alloca, la memoria rimane, la filosofia evolve,
l’epoca fa mistero della storia, il cielo è la cattedrale
che ci ospita, la voce divina è la custode del mistero
dialoghi poetici con chiunque, ticchettando come un orologio
diminuzione dei secondi di moltiplicazione dei virus,
ricreando i poligoni e la storia dei cristalli iridescenti centrifugati.
Le tavole del silenzio declinano la parola in tempi irregolari,
schegge asintomatiche si diffondono nella polvere dell’ignoranza
gettando la disperazione nella confusa realtà di oggi.


A thin shadow between sacred and profane
© ️Lidia Popa

A thin shadow destroyed beyond the line of sacred fire,
in the tragedy of the sacred and the profane of the human being,
constantly a written imprint with unassigned value
digging between the apologetic ashes and the apocalyptic ruins
in the remnants of forgotten values ​​at the root of the boundary
where they live the word and the love for the ballad,
the freedom to choose between life, death and eros,
the fall between the horizon and its floating shadow of morgana
which has profound asymptomatic schizophrenic connotations.

An odyssey destroyed by the nostalgic approach of the patricians,
tearing the floating surface for the love of art,
abnormal rule imposed in the defragmented light passage
of resonances, dissonances and discords between homeland and providence,
the chaos between myth and logos, disjointed ruins on a thorny path
without imprint or historical trace in the labyrinth of Knossos
where the intransitive and the synchronous live in spiritual peace
plan intuitive injuries among the old disappeared
and the metaphysical moment of consciousness in symbiosis with nature.

Time allocates, memory remains, philosophy evolves,
the time is a mystery of history, the sky is the cathedral
who hosts us, the divine voice is the guardian of the mystery
poetic dialogues with anyone, ticking like a clock
decreased seconds of virus multiplication,
recreating polygons and the history of centrifuged iridescent crystals.
The tables of silence decline the word in irregular tenses,
asymptomatic splinters spread in the dust of ignorance
throwing despair into the confused reality of today.


Una sombra sutil entre lo sagrado y lo profano
© ️Lidia Popa

Una sombra sutil se hizo añicos más allá de la línea de fuego sagrado,
en la tragedia de lo sagrado y lo profano del ser humano,
constantemente una huella escrita con valor no asignado
cavando entre las cenizas apologéticas y las ruinas apocalípticas
en los restos de valores olvidados en la raíz de la frontera
donde vive la palabra y el amor por la balada,
la libertad de elegir entre la vida, la muerte y el eros,
la caída entre el horizonte y su fluctuante sombra morgana
que tiene profundas connotaciones esquizofrénicas asintomáticas.

Una odisea destruida por el enfoque nostálgico de los patricios,
rasgando la superficie flotante por el arte,
regla anormal impuesta en el paso de luz desfragmentado
de resonancias, disonancias y discordias entre patria y providencia,
el caos entre mito y logos, ruinas desconectadas en un camino espinoso
sin huella ni rastro histórico en el laberinto de Knossos
donde lo intransitivo y lo sincrónico viven en paz espiritual
planificar lesiones intuitivas entre los antiguos desaparecidos
y el momento metafísico de la conciencia en simbiosis con la naturaleza.

El tiempo se asigna, la memoria permanece, la filosofía evoluciona,
la época hace de la historia un misterio, el cielo es la catedral
que nos acoge, la voz divina es la guardiana del misterio
diálogos poéticos con cualquiera, haciendo tictac como un reloj
disminución en segundos de multiplicación de virus,
recreando los polígonos y la historia de los cristales iridiscentes centrifugados.
Las tablas del silencio declinan la palabra en tiempos irregulares,
astillas asintomáticas esparcidas en el polvo de la ignorancia
arrojando la desesperación a la realidad confusa de hoy.


Une ombre subtile entre le sacré et le profane
© ️Lidia Popa

Une ombre subtile brisée au-delà de la ligne du feu sacré,
dans la tragédie du sacré et du profane de l’être humain,
constamment une empreinte écrite avec une valeur non attribuée
creusant parmi les cendres apologétiques et les ruines apocalyptiques
dans les restes de valeurs oubliées à la racine de la frontière
où vivent la parole et l’amour de la ballade,
la liberté de choisir entre la vie, la mort et l’éros,
la chute entre l’horizon et son ombre morgana fluctuante
qui a de profondes connotations schizophréniques asymptomatiques.

Une odyssée détruite par l’approche nostalgique des patriciens,
déchirer la surface flottante pour l’art,
règle anormale imposée dans le passage de la lumière défragmentée
de résonances, de dissonances et de discordes entre patrie et providence,
le chaos entre mythe et logos, ruines déconnectées sur un chemin épineux
sans empreinte ni trace historique dans le labyrinthe de Knossos
où l’intransitif et le synchrone vivent dans la paix spirituelle
planifier des blessures intuitives parmi les anciens disparus
et le moment métaphysique de la conscience en symbiose avec la nature.

Le temps alloue, la mémoire reste, la philosophie évolue,
l’âge fait de l’histoire un mystère, le ciel est la cathédrale
qui nous accueille, la voix divine est la gardienne du mystère
dialogues poétiques avec n’importe qui, tournant comme une horloge
moins de secondes de multiplication du virus,
recréer les polygones et l’histoire des cristaux irisés centrifugés.
Les tables du silence déclinent le mot en des temps irréguliers,
des éclats asymptomatiques se répandent dans la poussière de l’ignorance
jeter le désespoir dans la réalité confuse d’aujourd’hui.


Ein subtiler Schatten zwischen dem Heiligen und dem Profanen
© idLidia Popa

Ein subtiler Schatten zerschmetterte jenseits der heiligen Feuerlinie.
in der Tragödie des Heiligen und des Profanen des Menschen,
ständig ein schriftlicher Abdruck mit nicht zugewiesenem Wert
Graben zwischen der entschuldigenden Asche und den apokalyptischen Ruinen
in den Überresten vergessener Werte an der Wurzel der Grenze
wo das Wort und die Liebe zur Ballade leben,
die Freiheit, zwischen Leben, Tod und Eros zu wählen,
der Fall zwischen dem Horizont und seinem schwankenden Morgana-Schatten
das hat tiefe asymptomatische schizophrene Konnotationen.

Eine Odyssee, die durch die nostalgische Haltung der Patrizier zerstört wurde.
die schwimmende Oberfläche aus Gründen der Kunst zerreißen,
abnorme Regel im defragmentierten Lichtdurchgang auferlegt
von Resonanzen, Dissonanzen und Zwietracht zwischen Heimat und Vorsehung,
das Chaos zwischen Mythos und Logos, unverbundene Ruinen auf einem dornigen Weg
ohne Abdruck oder historische Spur im Labyrinth von Knossos
wo das Intransitive und das Synchrone in geistigem Frieden leben
Die Planung intuitiver Verletzungen unter den Alten verschwand
und der metaphysische Moment des Bewusstseins in Symbiose mit der Natur.

Zeit verteilt, Erinnerung bleibt, Philosophie entwickelt sich,
Das Zeitalter macht die Geschichte zum Rätsel, der Himmel ist die Kathedrale
Die göttliche Stimme ist der Hüter des Geheimnisses
poetische Dialoge mit jedem, die wie eine Uhr ticken
weniger Sekunden Virusvermehrung,
Wiederherstellung der Polygone und der Geschichte zentrifugierter irisierender Kristalle.
Die Tabellen der Stille lehnen das Wort in unregelmäßigen Zeiten ab,
asymptomatische Splitter breiten sich im Staub der Unwissenheit aus
Verzweiflung in die verwirrte Realität von heute werfen.


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Lidia Popa intervista Viorica Petroff

Viorica Petroff – Una scelta di vita per passione

“Sono imperfetta e lavoro per arrivare alla perfezione.” così inizia il mio dialogo con Viorica Petroff.

Carissima Viorica Petroff, qual’è la tua tecnica che hai espresso nei tuoi quadri arcobaleno?

La tecnica pittorica che ho sempre usato è olio su tela con pennellate ampie, energiche, con tocchi frazionati e vibranti, producendo un’esplosione di colori e di sfumature che si confondono quasi a formare un arcobaleno senza introdurre sulla tavolozza il nero.

Cosa vuoi trasmettere ai tuoi ammiratori tramite il colore?

Vorrei esprimere la gioia che l’armonia della natura, in tutti i suoi stati ed espressioni, infonde e influenza la mia vita come quella dell’animo umano, cercando il ritorno a una condizione naturale di gaia esistenza e fratellanza familiare di fronte alla confusione contemporanea e globale che ci stordisce e modifica la realtà sempre di più. Quando posso il pennello sulla tela riesco a evadere dalla quotidianità, dalla tristezza del mondo che ha dimenticato la magia che cerco di esprimere con le mie opere. L’arte è bellezza e la bellezza è arte.

Pocche parole che racchiudono l’anima della grandiosa arte impressionista di Viorica Petroff.

L’Impressionismo è un movimento artistico nato in Francia, a Parigi, nella seconda metà dell’Ottocento, precisamente tra il 1860 e il 1870 e durato fino ai primi anni del Novecento. Un momento caratteristico e storicamente definito, identificativo di questa tendenza nella civiltà artistica moderna. I pittori amano dipingere en plein air ovvero all’ aria aperta. Gli artisti più importanti dell’impressionismo sono: Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley, Federico Zandomeneghi, Camille Pissarro, Jean-Frédéric Bazille e Gustave Caillebotte, ma anche artisti di grande valore della pittura impresionista, postimpressionista e moderna rumena come Nicolae Grigorescu, Nicolae Tonitza, o Constatin Udroiu.

Ho fatto alcune ricerche per conoscere di più di Viorica Petroff di quanto lascia lei pervadere con la sua parola e l’arte impressionista e quello che ho scoperto mi lascia una esclamazione in più di ammirazione.

Viorica Petroff è un’artista pittrice nata nella famiglia Cuciurean in Romania. Lei è la seconda figlia di cinque fratelli. Nasce il 19 novembre 1962 a Frătăuții Noi nel distretto di Suceava, un comune della Romania e nel 1989 ha già compiuto gli studi di ingegneria meccanica agricola. Nel 1990, dopo la caduta del comunismo, assume con il matrimonio il cognome d’arte Petroff e, inizia la sua carriera di pittrice e d’insegnante di disegno e di storia dell’arte.

Dal 2003 vive e svolge il suo lavoro in Italia. Il suo talento l’ha portata a essere contattata da numerosi galleristi e organizzatori di mostre in Italia. Riceve critiche artistiche da vari critici d’arte come: Maria Rosaria Belgiovine, Remo Alessandro Piperno, Giorgio Fallosi e Antonio Maria Barbagallo.

Gli ultimi eventi che la vedono protagonista:

Selezionata per far parte del prestigioso Catalogo Internazionale d’Arte Moderna edizione CIDA 2011-2012;

Giugno 2011, si qualifica seconda alla mostra collettiva di Frosinone con tema I 150 anni dell’Unità d’Italia;

Premiata al Premio Festival Art di Spoleto 2011;

Premiata con seconda menzione al Premio Astarte Castello di Santa Severa 2011;

Premiata al Premio Oscar per le Arti Visive di Montecarlo 2011;

Partecipante alla Mostra Scintille nell’arte di Portovenere 2011;

Partecipante alla Biennale d’Arte Alatri- Anagni -Frosinone 2012;

Partecipante alla Rassegna Artistica Internazionale INCANTARTI a Domus Talenti- ROMA 2012;

Partecipante al Premio Terna 04 2012;

Inserita nel Catalogo Internazionale D’Arte moderna M.D.S. 2012 , con critica da parte del critico d’arte Remo Piperno Alessandro;

Inserita nel Catalogo Il Quadrato 2012 (50 anni per la pittura italiana) di Giorgio Fallosi;

Partecipante alla mostra Internazional Prix a Cesenatico Miramare2012;

Febbraio 2011 – Partecipante al Festival Art a Domus Talenti Roma;

Aprile 2013 – Premio Leone Dei Dogi Venezia;

Maggio 2013 – Quarto Premio al Concorso Trofeo Medusa Aurea A.I.A.M. Roma;

Partecipante al Premio Speciale a Spoleto Festival Art, 2013;

Novembre 2013 – Partecipante alla Mostra d’arte Colorissimamente alla Domus Arte di Roma;

2013 Inserita nel sito Artist in the World da Angelo Ribezzi;

Marzo 2014 – Partecipante alla Mostra Ada Art di Barcellona;

Giugno 2014 – Premiata con la Targa per Merito Artistico al Concorso Trofeo Medusa Aurea   A.I.A.M. Roma;

Inserita nel Catalogo Il Quadrato – 2014 di Giorgio Fallosi;

Novembre 2014 – Iscritta nel Registro dei Soci Corrispondenti dell’Accademia Internazionale D’Arte Moderna di Roma, classe seconda, Categoria pittura;

Febbraio 2015 – Partecipato alla Mostra Rosso Valentino, Roma;

Premiata al Premio Afrodite 2014 con il Premio Psiche inconscio supercosciente e inserita nei Quaderni dell’Arte alchemica contemporanea, promosso da Federcritici;

Targa per Premio speciale della critica alla seconda edizione del Premio Internazionale d’arte Ligures, Città di Sarzana 2015;

Maggio 2015 – Partecipante alla Mostra dei famosi, alla Galleria Tornatora con “Il ritratto di Picasso” Roma;

Premiata con il quarto premio al Concorso Trofeo Medusa Aurea 2015, Roma, con quadro “Omaggio a Constantin Udroiu”;

Partecipante alla Mostra Internazionale d’Arte nella Galleria Tornatora ricevendo la critica da parte del Critico D’Arte Paolo Levi;

Premiata al Premio Internazionale d’Arte San Crispino nella Villa Baruchello a Porto Sant’Elpidio;

Dicono di Viorica Petroff:

“La scelta del suo lavoro per la mia raccolta di stampe e disegni attesta la valenza del suo operato e il costante impegno artistico.” – dice di Viorica Petroff, il critico d’arte Professor Vittorio Sgarbi.

“Per la forza creativa e dirompente che scaturisce dalla sua arte, frutto di un impulso irrefrenavile che riflette l’interiorità umana, nell’atto di rappresentare quella bellezza che scatena emozioni, condivisa umilmente con il mondo nel tentativo di conferire all’opera quell’idea di ETERNITÀ.” –  critico d’arte, Dottoressa Veronica Nicoli – alla Mostra Caput Mundi, 2016

“Il gusto contemporaneo, più esigente dal punto di vista estetico e funzionale dell’arte, ha sposato in Viorica Petroff, aspetti ottimi dell’antico e del moderno, funzioni classiche e modalità attualizzate, ponendo con determinazione la sua produzione pittorica, nell’ambito di quella corrente artistica che si sta diffondendo in questa ultima parte di anni, e che potremmo definire “NUOVI IMPRESSIONISTI CONTEMPORANEI”  facendo della Petroff uno dei nomi di spicco nel panorama artistico figurativo assoluto, del nostro tempo.” – critico d’arte Serena Caleca alla personale d’artista Viorica Petroff alla Galeria Domus Romana, Roma  2018.

Ecco alcune mie considerazioni critiche:

Osserviamo nei quadri la natura nelle sue varie forme e luci, che l’artista Viorica Petroff con il suo talento caratterizzato da una tecnica rapida che permette di completare l’opera in poche ore, anche se per ritocchi e rifiniture, ritorna sempre sulla tela, come ogni artista che si rispetta. Uno studio di particolari di luce, dalle nuance del cielo azzurro, dell’atmosfera, delle acque, un lavoro completato nell’atelier. Viorica ama dipingere con colori a olio e con pennellate ampie, energiche, con tocchi frazionati e vibranti, un’esplosione di colori e di sfumature quasi a formare un arcobaleno che non comprende il nero.

Il colore che prevale nei suoi quadri arcobaleno e il verde della speranza, che rappresenta lo spirito della natura, le pulsazioni, la clorofilla della vita e la speranza, ma anche le intensità del blu del cielo. Nei quadri della Petroff è notevole il motivo dei girasoli di Vincent Van Gogh, spesso ritrovato nei dipinti della nostra pittrice rumena. La sua figurazione quasi formale è in realtà filtrata dalle emozioni e dai ricordi degli orti, dei campi di girasoli e mais, dei boschi e la natura della Romania, in una interpretazione di impronta emozionale personale, trasmettendo il messaggio con l’occhio della contemporaneità, raffinata ed estetica.

Viorica Petroff non è solo un artista plastico ma anche una scrittrice. Il suo debuto letterario lo ha fatto nel 2018 con l’edizione bilingue pubblicata con Editura Minela, Romania – libro di poesia e racconti autobiografici “Gânduri pentru trecut prezent și viitor/ Riflessioni sul passato presente e futuro” firmato Viorica Petroff Cuciurean,  che invito a leggere per scoprire la sensibilità dell’artista rumena, dove lei racconta e verseggia sé stessa, la sua vita, i suoi amori e suoi desideri. Dire che lei è un artista quasi completo mi sembra impreciso.

Viorica Petroff è un modello di una scelta di vita per passione.

Roma, 18 gennaio 2019

Lidia Popa

https://lidiapopablog.wordpress.com/

https://lidodellanima.wordpress.com/

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Marioara Visan – Una nuvola di smeraldo irrora l’erba tra le pietre

 

In questa stagione della nostalgia l’autrice Marioara Visan ricerca sé stessa “nell’azzurro dell’infinito dove non c’è il dolore”, oggi più di ieri, chiedendosi perché il castigo di Dio non fosse avvenuto già al momento opportuno, ma solo al pianto “sul pentagramma eterno” al “ricordo misterioso del dolore” “sul lenzuolo sbrindellato”, quando la parola composta da infime lettere di un alfabeto di emozioni tace.

Dall’altra parte delle parole c’è il silenzio dell’infinito,

nel freddo di gocce cristalline

la pioggia riscalda l’anima addormentata di desiderio.

Solo il suono di una chitarra

ricorda il silenzio degli anni passati a vagabondare.”

 

Scrive la poetessa chiusa in un ricinto di filo spinato, una prigione del corpo dentro lo spirito, con la voce di una preghiera scandita “dalla torre del non ricordo” ricordando della sua terra di origini delle tradizioni rumene o i personaggi delle favole dei nonni quando “emozioni folli cavalcano la mandria

dei sogni dell’infanzia”, aspettando “che la porta della Divinità che è in noi” “apra altri orizzonti di

conoscenza” scoprendo il suo Credo “nella reversibilità di una esistenza infinita” dove “la metafora universale dell’esistenza libera l’anima”.

 

Cercando tra mondi astratti “l’Erba delle pietre” scopre la pietra filosofale che solo l’esperienza e la maturità la portano alla consapevolezza dell’abbondanza interiore nutrendosi come un’ortensia di clorofilla dalle radici della conoscenza.

“Le pietre filosofali

traspirano dai pori la scienza.

Idee geniali di autodistruzioni

attraverso l’erba irrorata della rinascita

si nascondono una ad una.

Negli anfratti del tempo ammuffito del ricordo

attendono a diventare

le fondamenta del fiorire della evoluzione umana.”

Sempre lei si confessa

Oggi le tempie ormai bianche mi intristiscono,

ed i ricordi di una notte d’amore che non è stata

consumata illuminano la mia anima.”

“Piango le parole

per infiltrarle di nascosto

tra i sepolcri

di poeti di un altro spessore,

dal verso immortale.”

MV libro

 

La saggezza come in ogni atto d’amore per l’umanità di questa silloge poetica “Dall’altra parte del silenzio” di Marioara Visan risale da versi come questi:

“quando incontri un leone bianco

prova a raggiungere la tavola del silenzio.”

 

Uno scrigno dei sogni e di speranze che la poetessa custodisce con la luce della sua innocente anima, un rebus da decifrare “con la china dell’esistenza”, un “sogno adamantino” a volte bagnato di rugiada della gioia dell’effimero

“nei fiori di un’anima fuori moda:

come pensano coloro che la semplicità

oggi l’hanno messa all’asta”

versi di estrema dolcezza e semplicità.

La poetessa scrive:

Mi spoglio

della semplicità dei fogli del calendario.

Guardo con un occhio reso nudo dal tradimento del tempo

alle foglie color ruggine,

all’unica foglia in attesa del risveglio”

 

e spera ad una aurora boreale dopo il salto nell’abisso, accompagnata dal pianoforte del destino segnato.

Un abbeverarsi continuo nella fonte d’immortalità, ben augurante dalla sordina di voci dei lettori, che declameranno le emozioni partorite a fior di pelle al tramonto di Espero, lasciando una traccia del passaggio nel universo:

Su di una palpebra bianca di assenzio

un chicco di rugiada

Quello che ogni sognatore pazzo sogna, e qualche poeta come Marioara Visan realizza con la sua opera mentre continua a sorridere attraverso i raggi “quando il sole nasconde la notte” ancora.

Roma, 11 ottobre 2018

Lidia Popa

 694

Chi è Marioara Visan?

Marioara Visan

 

Marioara Visan e nata in Romania, vive a Ivrea (Torino) dove gestisce un laboratorio sartoriale specializzato in ricami e bigiotteria ricamata. In Romania ha pubblicato con Editore PIM Iasi Romania cinque libri di poesie “Anotimpul culorilor” 2010, “Roua din suflet” 2011, “Pelegrin printre cuvinte” 2012, “Metamorfoză/Metamorfosi” 2016 bilingue italo/rumeno, e “Dincolo de tăcere/ Dell’altra parte del silenzio” 2018 Ha ricoperto la vicepresidenza della associazione culturale ‘’ Universul prieteniei’’, Iasi, Romania dove ha svolto diverse attività artistiche. Come progetti futuri un primo romanzo autobiografico.

 

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Bumbi – un pisoi altfel de Lidia Popa

Istoria noastră „Frământările unui pisoi abbandonat” de Maria Mazilu începe cu doi pisoi abandonați Grigore și Ilie la gârlă și introducerea celui de al treilea pisoi Bumbi, personajul principal, în această familie de care se îngrijește Mama cu Tata, mari iubitori de animale. Și ca să vă pot introduce mai bine în această interesantă poveste am tradus o poezie a lui Thomas S. Eliot astfel:

Numele pisicilor de Thomas Stearns Eliot

Numirea pisicilor este o activitate dificilă,

Nu un joc din multe ce faceți în zilele de libere;

La început ai putea chiar să crezi că sunt nebun de legat

Când vă spun că o pisică trebuie să aibă trei nume diferite.

În primul rând, există numele pe care îl folosește familia în fiecare zi,

Precum Petru, Augustin, Alonzo sau Iacob,

Precum Victor sau Jonathan, George sau Bill Baley –

Toate denumirile sensibile de folosit în fiecare zi.

Dar dacă credeți că jucați mai bine, există mai multe nume imaginative,

Unele pentru domni, altele pentru doamne:

Precum Platon, Admetus, Electra sau Demetrius –

Întotdeauna nume sensibile de utilizat în fiecare zi.

Dar vă spun că un motan are nevoie de un nume special,

Caracteristic, pe scurt, și mult mai demn,

Cum ar putea altfel să mențină coada dreaptă,

Ori să își arate mustățile, sau să se simtă mândru?

Nume de acest gen se pot inventa o mie,

Cum ar fi Munkustrap, Quaxo sau Coricopat,

ca Bombalurin sau Jellylorum –

Nume ce nu aparțin niciodată mai mult decât unei pisici la un moment dat.

Dar în afară de aceste nume este încă un nume care lipsește,

Nume care nu prea ghiciți niciodată;

Nume pe care nici o cercetare umană nu o poate găsi vreodată –

Dar Motanul știe, chiar dacă nu va vrea să mărturisească.

Când vedeți un motan în meditație profundă,

Motivul, vă spun, este întotdeauna același:

Mintea lui este pierdută în contemplarea extatică

A gândirii la gândul gândului numelui său:

Din inefabilul său eficace

Efinefabil

Nume unic profund și inscrutabil.

 

           Când eram în România am avut două pisici în perioade diverse și situații diverse. Primul pisoi Miki recuperat de la un posibil abandon, l-am hrănit cu pipeta până a făcut ochi. Când a început să mănânce era nebun după măslinele negre. Avea în schimb o blană lucioasă și îngrijită ca un pisoi de rasă chiar dacă era de rasă impură. Mieuna într-un mod ciudat „Ma-maa” chiar și atunci când se întorcea spășit acasă după o fugă pisicească.

             Cea de a doua pisică a fost recuperată de la un tomberon, Behati, o încrucișare între birmaneză și siameză, dulce și jucăușă, își alesese culcușul pe dulapul din cameră de unde ne privea dimineața când ne trezeam. Îi plăcea iarba, dar și insectele di copacii din dreptul acoperișului unde ieșea uneori să admire priveliștea. Într-o zi cu mult vânt a făcut un salt necugetat și dusă a fost, că nu am mai găsit-o. Încă îmi lipsește și nu am mai reușit să o înlocuiesc.

bumbi (3)

             Există în literatură exemple de scrieri dedicate animalelor domestice și unele chiar drăgălașelor pisici pe care ne-am obișnuit a le vedea prin curțile caselor, sărind câte-un gard sau alergând după șoareci. Vă dau un exemplu, din cele multe: 

Motanul pedepsit de Elena Farago

 

Rândunica e plecată

După hrană pentru pui,

Cuibu-i singurel sub streşini

Şi prin curte nimeni nu-i.

 

Râde sub mustăţi motanul:

– Ce noroc! Păcat să-l scap!

Iute sus! Dar, poc, o piatră

Îl loveşte drept în cap.

 

Trist se tânguie motanul:

– Miau şi vai de capul meu.

Petrişor îl ia în braţe:

– Iartă-mă te rog, căci eu

 

Te-am lovit, şi rău îmi pare,

Dar de bieţii puişori

Ţie cum nu ţi-a fost milă,

Când săriseşi să-i omori?

 

           Scene precum cele descrise în poezia Elenei Farago ve-ți întâlni descrise în mod minuțios de Maria Mazilu, autoarea acestui minunat roman pisicesc. Minuțios, dar nu plicticos pentru că autoarea noastră reușește să capteze atenția cititorului să îl facă să devină curios. Bumbi e un pisoi abandonat de mic, care intră în contact cu ceilalți semeni ai lui, pisici ca și el, de la care descoperă în fiecare zi că are ceva de învățat. La rândul său descoperă că are sentimente, că îi este frică de șoareci, că vânătoarea este crudă și a omorî o ființă vie insemnă să trăiești cu sentiment de vinovăție precum un criminal. Apoi descoperirea sentimentului de frică mai ales când întâlnim necunoscutul, cel divers, ce nu este ca noi, având tendința firească de a ne compara, amintesc aici întâlnirea cu veverițele și discuția despre coadă. O poveste complicată de măiestria autoarei ce reușește să mențină curiozitatea cititorului trăgând de firul poveștii, lungindu-l prin dialoguri interesante și personaje noi. 

            Și cum, chiar o pisică are gânduri proprii așa cum ne descrie Maria Mazilu în romanul său am imaginat în versuri ce ar spune pisica din casă când o găsim alături de piticul din leagăn, aruncându-ți privirea galeșă de felină.

Pisica piciului de Lidia Popa

 

Tu ce mă cunoști

știi că exist întotdeauna.

Îți ascult respirația

pe măsură ce calm pieptul

se duce în sus și în jos,

ca un burduf amăgind somnul

să cadă peste pleoape.

 

Mă cuibăresc

protectoare lângă fața ta

și-ți mângâi obrajii catifelați,

soft și roz, de porțelan

când oboseala diafană a zilei

te face să-ți întinzi picioarele

pe patul alb neacoperit.

 

Un vis plăcut, din care fac parte

ca un  joc deja decis de soartă.

Pe acoperiș în albastrul nopții

sau pieptănându-mi blana

la gura sobei îndărătnică,

ca o felină adorabilă.

Miau!

bumbi (2) 

          Din toată această poveste senzația cea mai ispititoare ce o lasă acest roman de aventuri pentru copii, este dorința de libertate și tendința de a o menține cu orice preț cu un instinct de conservare specific animalelor dar și oamenilor. Pisicile oferă multă companie, dar și iau multă afecțiune de la om, nu degeaba se spune „șmecheră ca o pisică”. Ele ne cunosc foarte bine pe noi oamenii cei ce ne credem ființe superioare, dacă au decis să ne abandoneze, atunci au un motiv de necontestat. Citind această carte ai senzația plăcută de a te găsi afundat într-o miniserie cinematografică, din care pare să cunoști deja acțiunea. Un mod plăcut și curgător de lecturat, ce naște curiozitatea cititorului, o carte ce pot recomanda cu sufletul deschis atât cititorilor adulți, dar mai ales minorilor. Este o lecție gratuită de viață bine meșteșugită de Maria Mazilu ce prinde bine oricărui om. Sincer, de multă vreme nu citeam un roman pentru copii, acesta mi-a trezit interesul pentru acest timp de literatură. Dar cel mai mult m-a cucerit faptul că este scris în limba maternă. Este o dulce mângâiere pentru suflet. Vă recomand cu căldură: Nu uitați să citiți românește, și să transmiteți această bucurie a descoperirii limbii române și celorlalți semeni, copiilor noștri în primul rând.

 

prezentare Bumbi carte (1)

presentare bumbi 10

presentare bumbi 14

COPERTĂ bumbi

Lidia Popa

Lidia Popa (2)

Cine este Maria Mazilu?

Răspunsul este acesta:

bumbi

Foto: Maria Mazilu

M-am născut și am copilărit în Bușteni, în coasta muntelui și la marginea pădurii. Am fost un fel de Mowgli pe variantă feminină și ceva mai modern. Când a venit vremea să merg la școală și părinții m-au luat la București, lumea mi s-a schimbat brusc. Atunci s-a născut și s-a și terminat relația mea cu orașul. În anii ce au urmat, a fost un loc în care doar am funcționat bine. “Acasă” însă am revenit în toate vacanțele și în cele mai multe sfârșituri de săptămână.
La scurt timp după absolvirea facultății, am ales calea pionieratului în două domenii. Cum insolvența era la început în România, iar eu eram dezamăgită de angajatorii pentru care lucrasem, am decis să construiesc ceva după mintea mea. Am devenit antreprenor, punând bazele propriului birou de insolvență. Timp de 15 ani ne-am crescut unul pe altul și am adunat în jur o echipă de încredere.

La momentul alegerii, Facultatea de drept a fost o opțiune de conjunctură, în contextul schimbărilor de după ’89. Am făcut-o fără să țin cont de înclinațiile și preocupările literare pe care le aveam din adolescență. Deși în tot acest timp s-a manifestat timid, plăcerea de a scrie nu m-a părăsit. Eu zic că și-a așteptat partenera să crească, pasiunea mea pentru călătorii. Iar când s-au întâlnit, în viața mea a fost un boom: m-am regăsit. Eram în călătorie în Asia când m-am surprins scriind cu bucuria din adolescență. Se întâmpla în al 13-lea an al biroului de insolvență.

Am mai avut nevoie de încă 2, ca să pot pune punct profesiei și să îmi recunosc oficial pasiunile. Prima noastră realizare a fost blogul personal, http://www.mariamazilu.ro (fost mazy.ro – Povestiri din realitate). I-a urmat “Frământările unui pisoi salvat”, cartea cu două chipuri: pentru copii spune o istorie cu pisici, plină de tâlcuri, iar pentru adulți, povestea unor îndoieli și căutări personale.
Cartea este doar începutul unui drum, pe care eu și pisoiul Bumbi am pornit. Ascunsă în blana lui, vom călători împreună, căutând oameni și locuri să ne inspire.

Blogul meu: http://www.mariamazilu.ro

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Instagram: maria_mazilu

Roma 1 iulie 2018

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Alda Merini (1931-2019 Italia) tradotta da Lidia Popa

Il Regno Delle Donne

di Alda Merini

C’è un regno tutto tuo
che abito la notte
e le donne che stanno lì con te
son tante, amica mia,
sono enigmi di dolore
che noi uomini non scioglieremo mai.
Come bruciano le lacrime
come sembrano infinite
nessuno vede le ferite
che portate dentro voi.
Nella pioggia di Dio
qualche volta si annega
ma si puliscono i ricordi
prima che sia troppo tardi.

Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole.
E se passa il temporale
siete giunchi ed il vento vi piega
ancor più forti voi delle querce e poi
anche il male non può farvi del male.

Una stampella d’oro
per arrivare al cielo
le donne inseguono l’amore.
Qualche volta, amica mia,
ti sembra quasi di volare
ma gli uomini non sono angeli.
Voi piangete al loro posto
per questo vi hanno scelto
e nascondete il volto
perché il dolore splende.
Un mistero che mai
riusciremo a capire
se nella vita ci si perde
non finirà la musica.

Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole
dopo il buio ancora il sole.
E se passa il temporale
siete prime a ritrovare la voce
sempre regine voi
luce e inferno e poi
anche il male non può farvi del male.

Fontana di Diana e Atteone a Caserta donne

Împărăția femeilor
de Alda Merini

traducere în românește de Lidia Popa


Există o împărăție proprie
unde trăiesc noaptea
și femeile care sunt cu tine
sunt atât de multe, prietena mea,
ele sunt enigme de durere
ce noi oamenii nu le vom topi niciodată.
Cum ard lacrimile
așa cum par nelimitate
nimeni nu vede rănile
pe care le purtați înăuntrul vostru.
În ploaia lui Dumnezeu
uneori se îneacă
dar amintirile sunt curățate
înainte de a fi prea târziu.

Uită-te la soare atunci când vine jos
și luminează marea cu aur și purpuriu
splendoarea este în tine
nu dispare niciodată
pentru că știi că soarele se poate întoarce.
Și dacă trece furtuna
voi sunteți pârdalnice și vântul vă îndoaie
chiar mai puternice decât stejarii iar apoi
chiar răul nu vă poate face rău.

O cârpă de aur
pentru a ajunge pe cer
femeile urmăresc dragostea.
Uneori, prietena mea,
aproape că pari să zbori
dar oamenii nu sunt îngeri.
Plângeți în locul lor
de aceea v-au ales
și ascundeți fața
pentru că durerea strălucește.
Un mister care niciodată
noi vom înțelege
dacă vă pierdeți în viață
muzica nu se va termina.

Uită-te la soare atunci când vine jos
și luminează marea cu aur și purpuriu
splendoarea este în voi
nu dispare niciodată
pentru că știți că soarele se poate întoarce
după întuneric continuă încă soarele.
Și dacă trece furtuna
sunteți primele care găsesc vocea
întotdeauna stăpâniți
lumina și iadul iar apoi
chiar răul nu vă poate face rău.

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Cheikh Tidiane Gaye (Senegal/ Italia)

dea sole

Cinque poesie di Cheikh Tidiane Gaye tradotte dall-italiano in rumeno di Lidia Popa

SOGNO

di Cheikh Tidiane Gaye

 

Ho sollevato il peso della notte

oceani sulle mie spalle

notte discreta

notte senza luce,

i venti soffiano dalla mia ombra

intorno a me, tutto nero

i canti mi glorificano

e all’alba l’Atlantico mi sorride con le sue belle onde.

Attraversavo

il grande fiume senza paura

il mare senza paura

ovunque cantavo

scrivevo per cantare

parlavo per insegnare

la mia lettera giungerà in autunno.

Cinci poezii de Cheikh Tidiane Gaye traduse din italiană în românește de Lidia Popa

VIS
de Cheikh Tidiane Gaye
traducere în românește de Lidia Popa

Am ridicat greutatea nopții
oceanele pe umerii miei
noapte discretă
noapte fără lumină,
vântul suflă din umbra mea
în jurul meu, toate negre
cântecele mă glorifică
iar în zori, Atlanticul îmi zâmbește cu

valurile sale frumoase.
Treceam
marele râu fără frică
marea fără frică
oriunde cântam
am scris pentru a cânta
vorbeam pentru a învăța pe alții
scrisoarea mea va veni în toamnă.

 

PELLE NERA

di Cheikh Tidiane Gaye

 

Ho ritrovato il mio sangue

la sillaba che raccoglie le stelle dell’unico cielo

la parola che canta il grano della sabbia

il peso del ritmo e il tempio della cadenza.

Ti copro del mio verbo sacro.

Sono lo specchio e tu sei la memoria

e da domani il lenzuolo che coprirà le ansie montuose.

Sei il fiore irrorato dal vento del deserto

che soffia nel ventre delle memorie.

Il tuo respiro apre i polmoni del mondo,

chi pensava di domare la tua bellezza

è sommerso nel fiume della vergogna,

sei la canzone che fiorisce in parola

il vento della primavera, il peso notturno

non sei la stuoia sdraiata nelle ceneri della viltà

sei l’arte del tempio d’oriente e dell’occidente

che figlia le sillabe immortalate sotto il sole del Sahel.

Pelle nera, colore dei monumenti

canzone dei bei giorni incoronata nelle notti faste,

atleta trionfante che declina al tramonto del disonore

barca che cinge la febbre delle acque marine

fuoco invincibile che riscalda le vene aride,

da domani l’orto che pascola l’alfabeto dell’arte,

ma domani ti chiameranno pelle di colore

sei pelle nera e non di tenebre

non sei la pelle delle spine dall’odore nauseabondo

sei la pelle dolce come fico d’india.

Ho intrecciato la canzone con mani innocenti

mi sono seduto sulla poesia e la prosa per contemplarti

e scolpire la luce gloriosa che sorge dalla tua terra accogliente.

Ed ecco nel silenzio di mezzogiorno, i raggi del sole che abbracciano

la terra, l’ombra che ti rinfresca, sei più luccicante del sole

e più dolce della luna, mi prendo il tuo flauto folgorante che accarezza

il fuoco di mezzanotte e le parole degli anziani.

 

PIELE NEAGRĂ
de Cheikh Tidiane Gaye
traducere în românește de Lidia Popa

Mi-am găsit sângele
silaba care culege stelele singurului cer
cuvântul care cântă bobul nisipului
greutatea ritmului și templul cadenței.
Te acopăr cu verbul meu sacru.
Sunt oglinda și tu ești memoria
și de mâine cerșaful care va acoperi anxietățile muntoase.
Tu ești floarea stropită de vântul deșertului
ce suflă în burta amintirilor.
Respirația ta deschide plămânii lumii,
care s-a gândit să-ți îmblânzească frumusețea
este scufundat în râul rușinii,
tu ești cântecul care înflorește în cuvânt
vântul de primăvară, greutatea de noapte
tu nu esti sculptura care stă în cenușa lașității
tu ești arta templului din răsărit și din occident
ce fiică a silabelor imortalizată sub soarele din Sahel.
Piele neagră, culoarea monumentelor
cântecul zilelor frumoase încoronate în nopțile plictisitoare,
sportiv triumfător care refuză la apusul rușinii
barca care înconjoară febra apelor marine
incendiu invincibil care încălzește venele aride,
de mâine grădina care pășunează alfabetul artei,
dar mâine te vor numi piele de culoare
ești piele neagră și nu din întuneric
nu ești pielea de spini cu miros neplăcut
tu ești pielea dulce ca o smochină.
Am împletit cântecul cu mâini nevinovate
m-am așezat pe poezie și proză pentru a te contempla
și a-ți sculpta lumina glorioasă care se ridică din țara ta primitoare.
Și iată în tăcerea de la mijlocul zilei, razele soarelui ce îmbrățișează
pământul, umbra care te revigorează, ești mai strălucitoare decât soarele
și mai dulce decât luna, îți iau fluierul fulgerător care mângâie
focul de la miezul nopții și cuvintele bătrânilor.

 

IL CUORE SI È FERMATO, LO SGUARDO PIEGATO

di Cheikh Tidiane Gaye

 

Il cuore si è fermato, lo sguardo piegato

dall’ingiustizia, la bandiera dell’unità sepolta,

i sorrisi mortificati e la dolcezza della luna svanisce

oscurata dalle penombre dell’egoismo

e dell’intolleranza.

Rosarno ha perso il suo rosario,

il rosario ha smarrito le sue perle

le perle, la pietà e la tolleranza

allontanate dalla cattiveria.

Ascoltate il cuore di Rosarno che pulsa di gioia:

il negro se ne va, se ne va

il negro se ne va dopo aver raccolto le arance

il negro – scimmia

il negro – iena

il negro – giraffa

il negro – cane

il nero se ne va, se ne va e in quel giorno

anche il sole di Rosarno si è fermato.

Le piantagioni orfane,

soli gli alberi vi erano fedeli

ho visto di nuovo

Toussaint Louverture

Tamango

Kounta kinté.

Ho visto, ho visto

ho visto dai propri occhi

il passato rinascere

rinascere il passato

una terra che assomigliava a Gorée

Tutti i nostri sguardi smarriti appesi al passato.

Mancava solo la tromba di Amstrong

per colmare i nostri cuori in siccità.

I nostri cori assetati di melodie

e le nostre gole impotenti a sollevare

il vero ritmo della speranza.

 

Inima s-a oprit, privirea s-a îndoit
de Cheikh Tidiane Gaye

traducere în românește de Lidia Popa

Inima s-a oprit, privirea s-a îndoit
din nedreptate, steagul unității îngropate,
zâmbetele murmurate și dulceața lunii dispare
ascunsă de umbrele egoismului
și intoleranță.
Rosarno și-a pierdut rozariul,
Rozariul și-a pierdut perlele
perlele, pietatea și toleranța
alungate de răutate.
Ascultați inima din Rosarno care pulsează cu bucurie:
negrul pleacă, el pleacă
negru pleacă după ce va culege portocalele
negrul – maimuță
negrul – hienă
negrul – girafă
negrul – câine
negrul pleacă, dispare și în acea zi
chiar soarele din Rosarno s-a oprit.
Plantații orfane,
numai copacii v-au fost credincioși
am văzut din nou
Toussaint Louverture
Tamango
Kounta kinté.
Am văzut, am văzut
am văzut din ochii tăi
trecutul renăscând
renăscut trecutul
un pământ care semăna ca Gorée
Toate privirile noastre pierdute atârnate din trecut.
Numai trâmbița lui Amstrong lipsea
pentru a ne umple inima în secetă.
Corurile noastre sunt însetate de melodii
și gâturile noastre neputincioase să ridice
adevăratul ritm al speranței.

 

NIMA

di Cheikh Tidiane Gaye

 

Il tuo corpo biondo

la tua altezza gazzella

i tuoi occhi uovo

la tua bocca mi copre dal freddo.

 

Nima,

Quando parli

nasce l’allegria, la tua voce è canto

cantare, cantano i tuoi occhi, sei il sapore della notte

che offre il calore del fuoco e la fiamma della luna.

 

Nima,

Mi piace il tuo corpo

che balla al ritmo dei tuoi occhi.

 

Nima,

mi piace il tuo corpo

che mi ha colpito in pieno sogno

 

Nima,

mi piace il tuo corpo

sei il frutto della passione

la passione della tua bocca

è il tempo che parla.

 

Nima,

il sole che richiama la tua ombra

è carezza sul mio petto incantato dal tuo profumo.

 

NIMA
de Cheikh Tidiane Gaye
traducere în limba română de Lidia Popa

Corpul tău blond
înălțimea gazelei
ochii tăi de ou
gura ta mă acoperă de frig.

Nima,
Când vorbești
bucuria se naște, vocea ta e cântare
cântă, cântă ochii tăi, ești gustul nopții
oferind căldura focului și flacăra lunii.

Nima,
Îmi place corpul tău
dansând în ritmul ochilor tăi.

Nima,
îmi place corpul tău
care m-a lovit în visul plin.

Nima,
îmi place corpul tău
ești fructul pasiunii
pasiunea gurii tale
este timpul care vorbește.

Nima,
soarele care-ți cheamă umbra
este mângâire pe pieptul meu încântat de mirosul tău.

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Léopold Sédar Senghor (1906-2001, Senegal)

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Fabio Strinati – suono alto di precaria depressione

libro Fabio Strinati

La morte ci accomuna in questo viaggio terreno verso l’eternità. Un fiume di pensieri che straripano, denuda l’animo umano della sua seconda pelle che è un camice di forza che riveste la depressione dell’uomo. Gli invisibili riempimenti mentali dei vuoti si svuotano come pietre sul cammino del nostro poeta, che analizza con la minuziosità tirando le somme come il malato terminale che scopre di avere poco tempo all’arrivo finale. Una corsa di angosce che provano ad abbattere il muro delle vessazioni. Il poeta consapevole di essere mortale è un superstite precario ad ogni ostacolo che incontra, in una catarsi di suoni e di abbandoni. Vive la sensazione di essere usato dell’uomo che si pone inevitabilmente la domanda: “Se fossi morto prima”, della partenza dell’oblio, dell’addio? S’interroga, cerca il suo “Io” dentro l’anima dove “la morte ha un odore di selvatico”, “lasciandosi alle spalle un lacrimoso tramonto,/ che sappia rinverdire l’anima …” Ha delle attese nella sua traiettoria che subisce una continua metamorfosi, diventando da una macchia di pensiero un testimone del suo tempo.

Il poeta Fabio Strinati nel suo libro bilingue italiano/rumeno “Periodo di transizione” del 2017 – Editore Bibliotheca Universalis Bucarest/ Romania, nella solitudine rincorre il suo io con la consapevolezza che la vita è solo un lungo cammino verso la morte.

Sulla traduzione in romeno preme un’osservazione. I testi sembrano elaborati da una mente diversa, seppur tradotti in un romeno letterario coretto, la traduzione non è fedele, e non esprime la stessa emozione che scaturisce la poesia nel suo principio. Mi permetto di affermare quanto scritto sopra nella ragione della consapevolezza, essendo di madrelingua romena, come scrittore di lingua italiana e romena, conoscendo le due lingue ad un livello ottimo, potendo distinguere le espressioni metaforiche e le figure di stile. La poesia non è una narrazione dove puoi intervenire raccontando i volti o i fatti. La traduzione può togliere molto ad un testo poetico. Togliere l’emozione ad una poesia è grave, come se togliessi il senso tattile ad un non vedente. Un poeta può tradurre un altro poeta o un narratore. Un tecnico letterato può tradurre solo trattati scientifici e documenti che non richiedono un’ampia conoscenza metaforica. (Esempio: i graffi per il traduttore sono i grafiti, e molti altri esempi da riempire un quaderno). La traduzione non deve essere una spiegazione della poesia, non deve togliere il velo enigmistico della parola, altrimenti si toglie la metafora.

Invito a leggere il libro “Periodo di transizione” che colpisce molto il lettore per la peculiarità dell’espressione. Fabio Strinati si distingue con il timbro del verso libero tra gli autori di poesia che hanno adottato la scrittura malinconica, come un io celato in tanti volti “a cinguettare la seta delle tele negli angoli rimasti …/…/ più di un passo storpio di un foglio sulla rima.”

SVUOTARSI

 

Ho la morte nel suo turno che snatura

i fossi carichi di foglie sfuggite ai venti

lasciate marcire dagli alberi ricurvi,

fotografie di attimi in scatole

gonfie di stagioni anormali,

vesciche ai piedi delle bestie mature

in un folto brulicare di urli

oltre staccionate riempite di fori

che trafiggono il mio stesso sguardo vuoto,

e la morte, che si spoglia della vita

curvata verso buche denutrite

in stati confusamente terminali.

*

DENTRO UN VECCHIO MURO

 

Dentro un vecchio muro crepato e tinto

che soffre, adolescenza intaccata

in vortici di rogne,

 

e in eterno, nel sonno le maschere avvolte

dove nascono le cimici uguali

 

e le cantilene, gli indefiniti aliti e sepolti

sotto occhiaie di pensieri e patimenti

e i timori pesti mai andati,

 

e in eterno, in graffi sospesi nell’aria

come suoni in una scomoda mente.

*

SUONO CRUDO

 

Suono crudo assennato dentro il suo dentro,

di fanghiglia, nel rettangolo

superstite precario,

 

è un suono graffiato in un istante rudimentale

che scivola turchino

nelle coincidenze di una trappola mortale,

 

anime ingombrate nell’intasamento

di un dovunque aggrappato,

e le innaturali fisime, le porte socchiuse

in quel loro dentro futile e meschino,

 

come un suono rinchiuso in una teca

dove matematica e spine

si sbracano ammiccando pose di catarsi!

*

DEPRESSIONE MIA

 

La salute mia è un ramo d’albero appeso al vento di dicembre

tra rimpianti che la vita ormai andata

brulicano e mantengono,

 

strane sensazioni a volte, piluccano il tuo essere vinto

e sconfitto, come un uomo poco attratto dalla libertà

che si accendono e si spengono

oltre un confine immaginario animato

dai ricordi fievoli di un’infanzia in agrodolce,

come l’ultima parola che senza fiato

si scarica di rabbia per ferire la tua morte prematura.

foro Fabio Strinati

 

Chi è Fabio Strinati?

Fabio Strinati è poeta, scrittore, aforista, pianista e compositore. Nasce a San Severino Marche nel 1983 e vive ad Esanatoglia, un paese della provincia di Macerata. Molto importante per la sua formazione musicale l’incontro con il pianista Fabrizio Ottaviucci, grande interprete della musica contemporanea.

 

Strinati è presente in diverse riviste ed antologie letterarie. Da ricordare Il Segnale, rivista letteraria fondata a Milano dal poeta Lelio Scanavini. La rivista Sìlarus fondata da Italo Rocco. La rivista culturale Odissea, diretta da Angelo Gaccione. Carmilla on line, webzine fondata da Valerio Evangelisti. La rivista Argo. La presenza di Èrato. Diacritica. Il Foglio Letterario. È stato inserito da Margherita Laura Volante nel volume “ Ti sogno, Terra “, viaggio alla scoperta di Arte Bellezza Scienza e Civiltà, inserito nei Quaderni Del Consiglio Regionale delle Marche.

 

Sue poesie sono state tradotte in romeno e in spagnolo.

 

È inoltre il direttore della collana poesia per Il Foglio Letterario e cura una rubrica poetica dal nome Retroscena, proprio sulla Rivista mensile del Foglio Letterario.

 

 

Le sue pubblicazioni:

2014  Pensieri nello scrigno, Nelle spighe di grano è il ritmo, con Il Foglio Letterario

2015 Un’allodola ai bordi del pozzo con Il Foglio Letterario

2016 Dal proprio nido alla vita con Il Foglio Letterario

2017 Al di sopra di un uomo con Il Foglio Letterario

2017 Periodo di transizione con Bibliotheca Universalis Bucarest

2017 Aforismi scelti Vol.2 con Il Foglio Letterario

2018 L’esigenza del silenzio insieme con  Michela Zanarella con Le Mezzelane Casa Editrice.

 

Roma 26 febbraio 2018

 

 

© Lidia Popa

 

 

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Tomas Tranströmer (1931 -2015 Svezia)

Tomas Tranströmer

Nota: Tomas Tranströmer (Stoccolma, 15 aprile 1931 – Stoccolma, 26 marzo 2015) è stato uno scrittore, poeta e traduttore svedese, molto conosciuto e apprezzato in patria, vincitore del Nordic Council’s Literature Prize nel 1990, dello Struga Poetry Evenings (del quale sono stati insigniti poeti del calibro del cileno Pablo Neruda e degli italiani Edoardo Sanguineti e Eugenio Montale) e del Neustadt International Prize for Literature nel 1990. Nel 2011 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “perché attraverso le sue immagini condensate e traslucide, ci ha dato nuovo accesso alla realtà”.

 

Fem dikter av Tomas Tranströmer

(“Det Bla° huset”)

National Osäkerhet

 

Den statssekreterare lutar sig fram och drar ett X

och hennes örondroppar dinglar som svärd Damocles.

Som en fläckig fjäril är osynlig mot marken

så demonen går samman med den öppnade tidningen.

En hjälm som bärs av ingen har tagit makten.

Mor-sköldpadda flyr flygande under vattnet.

Allegro

Efter en svart dag, jag spelar Haydn,

och känna lite värme i mina händer.

Nycklarna är redo. Kind hammare falla.

Ljudet är pigg, grönt, och full av tystnad.

Ljudet säger att friheten finns

och någon betalar ingen skatt till kejsaren.

Jag skjuta mina händer i mina haydnfickor

och agera som en man som är lugn om det hela.

Jag höjer min haydnflag. Signalen är:

” Vi vill inte ge upp. Men vill ha fred.”

Musiken är ett hus av glas står på en sluttning,

stenar flyger, stenar rullar.

Stenarna rulla rakt igenom huset

men varje glasruta är fortfarande stort.

Paret

De släcka ljuset och dess vita nyans

glimmar för ett ögonblick innan upplösning

som en tablett i ett glas mörker. Sedan upp.

Hotellet väggar stiger i den svarta himlen.

Rörelserna av kärlek har avgjorts, och de sover

men deras mest hemliga tankar möts som när

två färger möts och flyter in i varandra

på det våta papperet av en skol målning.

Det är mörkt och tyst. Men staden har dragit närmare

i kväll. Med kylda fönster. Husen har närmat.

De står nära håll i ett myller, väntan,

en folkmassa vars ansikten har inga uttryck.

Efter en Death

En gång det var en chock

som lämnade efter sig en lång, skimrande kometsvans.

Det håller oss inne. Det gör TV-bilderna snöiga.

Det lägger sig i kalla droppar på telefonledningar.

Man kan fortfarande gå långsamt på skidor i vintersolen

genom pensel där några blad hänga på.

De liknar sidor rivna ur gamla telefonkataloger.

Namn sväljas av kylan.

Det är fortfarande vacker att höra hjärtslag

men ofta skuggan verkar mer verklig än kroppen.

Samurajen ser obetydlig

bredvid sin rustning av svarta drake skalor.

Spår

02:00 månsken. Tåget har stannat

ut i ett fält. Långt bort gnistor av ljus från en stad,

flimrande kallt vid horisonten.

Som när man går så djupt in i hans dröm

han aldrig kommer att minnas att han var där

när han återvänder igen till sin åsikt.

Eller när en person går så djupt in i en sjukdom

att hans dagar alla blir några flimrande gnistor, en svärm,

svaga och kallt vid horisonten.

Tåget är helt orörlig.

Klockan 2: stark månsken, några stjärnor .

Under pressXXX

Den blå himmel motor-drone är öronbedövande.

Vi lever här på en rysning byggen

där havsdjupet plötsligt kan öppna upp

snäckor och telefoner väser.

Du kan se skönheten bara från sidan, hastigt.

Den täta korn på fältet, många färger i en gul ström.

Den rastlösa skuggorna i mitt huvud dras dit.

De vill krypa in i spannmål och vända sig till guld.

Mörkret faller. Vid midnatt jag går till sängs.

Den mindre båt lägger ut från den större båten.

Du är ensam på vattnet.

Samhällets mörka skrov driver längre och längre bort.

Notera: Tomas Tranströmer (Stockholm den 15 april 1931 – Stockholm den 26 mars 2015) var en författare, poet och översättare från Sverige, känd och uppskattad hemma, vinnare av litteraturpriset från Nordiska rådets 1990, Nobelpriset för litteratur med följande motivation: “För genom sina kondenserade och genomskinliga bilder har det gett oss ett nytt tillvägagångssätt för verkligheten.”

Sei poesie di Tomas Tranströmer in italiano di Lidia Popa

[Casa azzurra]

Incertezza nazionale

di Tomas Tranströmer
Il segretario di stato si sporge in avanti e disegna una X
e il suo orecchio ciondola come la spada di Damocle.
Come una farfalla maculata è invisibile al suolo
così i demoni si fondono con il giornale aperto.
Un elmo portato da nessuno ha preso il potere.
Volo della tartaruga della madre che vola sotto l’acqua.

Allegro

di Tomas Tranströmer
Dopo una giornata nera, suono Haydn,
e sento un po’di calore nelle mie mani.
I tasti sono pronti. Caduta del martello pronta.
Il suono è piccante, verde e pieno di silenzio.
Il suono dice che la libertà esiste
e nessuno paga tasse all’imperatore.
Affondo le mie mani nelle mie tasche di haydn
e mi comporta come un uomo che è calmo a riguardo.
Alzo la mia bandiera di Hayden. Il segnale è:
“Non vogliamo arrenderci. Ma vogliamo la pace. ”
La musica è una casa di vetro su una collina,
le rocce volano, i sassi rotolano.
Le pietre rotolano attraverso la casa
ma ogni finestra di vetro è ancora intatta.

La coppia

di Tomas Tranströmer
Spengono la luce e la sua tonalità bianca
barlume per un attimo, prima della dissoluzione
come una tavoletta in un bicchiere di oscurità. Poi su.
Le pareti del hotel si alzano nel cielo nero.
I movimenti dell’amore sono stati decisi e stanno dormendo
ma i loro pensieri più segreti si incontrano ogni tanto.
Due colori si incontrano e fluiscono l’uno nell’altro
sulla carta bagnata di un dipinto scolastico.
È buio e silenzioso. Ma la città si è avvicinata stasera.

Con finestre refrigerate. Le case si stanno avvicinando.
Stanno vicino ad un mulino, aspettando,
una folla di cui volti non hanno espressione.

Sotto pressioneXXX

di Tomas Tranströmer
Il cielo blu del motor drone è assordante.
Viviamo qui in un edificio di punta
dove la profondità del mare può improvvisamente aprirsi,
conchiglie e telefoni piangono.
Puoi vedere la bellezza da un lato, velocemente.
Il grano denso sul campo, molti colori in un flusso giallo.
Le ombre inquiete nella mia testa sono disegnate lì.
Vogliono strisciare in grano e trasformarsi in oro.
L’oscurità cade. A mezzanotte vado a letto.
La barca più piccola si estende dalla barca più grande.
Sei solo sull’acqua.
Lo scafo scuro della comunità spinge sempre più lontano.

Pista

di Tomas Tranströmer
02:00 chiaro di luna. Il treno si è fermato
fuori in un campo. Lontano scintille di luce da una città,
freddo tremolante all’orizzonte.
Come quando va così in profondità nel suo sogno
non ricorderà mai che era lì
quando ritorna alla sua opinione.
O quando una persona va in profondità in una malattia
che i suoi giorni diventano scintille lusinghiere, uno sciame,
debole e freddo all’orizzonte.
Il treno è completamente immobile.

Suonano le 2 in punto: forte chiaro di luna, poche stelle.

Nota: Tomas Tranströmer (Stoccolma, 15 aprile 1931 – Stoccolma, 26 marzo 2015) è stato uno scrittore, poeta e traduttore svedese, molto conosciuto e apprezzato in patria, vincitore del Nordic Council’s Literature Prize nel 1990, dello Struga Poetry Evenings (del quale sono stati insigniti poeti del calibro del cileno Pablo Neruda e degli italiani Edoardo Sanguineti e Eugenio Montale) e del Neustadt International Prize for Literature nel 1990. Nel 2011 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “perché attraverso le sue immagini condensate e traslucide, ci ha dato nuovo accesso alla realtà”.

Șase poezii de Tomas Tranströmer în românește di Lidia Popa

[Casa albastră]


Incertitudine  națională

Segretarul de stat se avântă înainte și desenează un X

și urechea sa se mișcă precum sabia lui Damocle.
Veniți să vedeți fluturele pătat și invisibil al solului
astfel demonii se confundă cu ziarul deschis.

Un spiriduș ghidat de nimeni a prins puterea.

Zborul broștei țestoase a mamei ce zboară sub apă.

Voios

După o zi neagră, sun Haydn,
și simt o căldură mică în mâinile mele.
Tastele sunt pregătite. Ciocănelele agățate.
Sunetul este picant, verde și plin de tăcere.
Sunetul spune că libertatea există
și nimeni nu plătește impozite împăratului.
Îmi scot mâinile în buzunarele din haydn
și mă comport ca un om care este calm față de el.
Îmi ridic steagul Hayden. Semnalul este:
“Nu vrem să ne predăm, dar vrem pace.”
Muzica este o casă de sticlă pe un deal,
rocile zboară, pietrele se rostogolesc.
Pietrele se rostogolesc prin casă
dar fiecare fereastră de sticlă este încă întreagă.

 

Cuplul

Opresc lumina și umbra ei albă
pentru o clipă, înainte de dizolvare
ca o tabletă într-un pahar de întuneric. Apoi sus.
Pereții hotelului se ridică pe cerul negru.
Mișcările de dragoste au fost decise și dorm
dar cele mai secrete gânduri se întâlnesc ocazional.
Două culori se întâlnesc și se varsă unul în altul
pe hârtia umedă a unei picturi școlare.
Este întunecată și tăcută. Dar orașul s-a apropiat astă seară.
Cu ferestre frigorifice. Casele se apropie.
Se află lângă o moară, așteaptă,
o mulțime ale cărei fețe nu au nici o expresie.

Sub presiuneXXX

Cerul albastru al dronului cu motor este asurzitor.
Locuim aici într-o clădire emblematică
unde adâncimea mării se poate deschide brusc,
scoici și telefoane plâng.
Puteți vedea frumusețea dintr-o parte, rapid.
Grâu des pe câmp, multe culori într-un curent galben.
Umbrele agitate din capul meu sunt atrase acolo.
Vor să se târască în grâu și să se transforme în aur.
Întunericul cade. La miezul nopții mă duc la culcare.
Barca mai mică se extinde de la cea mai mare barcă.
Ești singur pe apă.
Coca întunecată a comunității împinge tot mai departe.

Pistă

02:00 lumina lunii. Trenul s-a oprit
într-un câmp. Departe scânteiază luminile unui oraș,
pâlpâie rece la orizont.
Ca și când vei ajunge atât de adânc în visul tău
Nu-și va aminti niciodată că era acolo
când se întoarce la opinia lui.
Sau când o persoană intră adânc într-o boală
că zilele lui devin scânteieri copleòitoare, un roi,
slab și rece la orizont.
Trenul este complet oprit.
Sună de ora 2: lumina lunii puternice, câteva stele.

Notă: Tomas Tranströmer (Stockholm, 15 aprilie 1931 – Stockholm, 26 martie 2015) a fost scriitor, poet și traducător din Suedia, cunoscut și apreciat acasă, câștigător al Premiului de Literatură al Consiliului nordic din 1990, din serile de poezie Struga a acordat premiul Nobel pentru literatură cu următoarea motivație: “pentru că prin imaginile sale condensate și translucid, ne-a dat un nou acces la realitate “.

 

 

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Qui di Marco Armando Ribani/ Aici de Marco Armando Ribani – traduzione in rumeno di Lidia Popa

Aici

de Marco Armando Ribani

traducere în limba română de © Lidia Popa

(Italia)

Prolog

unde au plecat toți
că nu pot nici măcar să strig
fluturii și libelulele ies din gură
anunțând moartea mea sub forma absenței totale
care explodează războaie și furtuni care rup pielea mamelor
de la catifeaua primei piei roșii până la putregaiul lichid care curge
la rădăcinile trandafirilor
Vezi
Îmi spune
Există un trandafir pentru fiecare oră a zilei

*

Carcasa neagră a nopții. Împăturește.
În cer, aurora aprinde focul momentului ultimului vis.
Frumosul schelet al zilei inexorabile apare.
Lumina în cele din urmă stagnează corpurile rezervoarelor din nebunia sângelui.
O tăcere este gravată în piatra care anunță trecerea unui prag.
Cerul de nori, praful și murdăria. Spectre ale companiilor experimentate de mult timp.

*

Dar ziua în care apare este zeul suprem
și dă generozitate tăriei sale ramurilor vechi și obosite
rădăcinilor epuizate
vaselor forțate spre scoarțele bolnave și descompuse.
Cum le iubesc.
Cum miroase a chihlimbar delicios pentru mine.
Cum este posibil sa nu plangeti cand respirati?
Nu-ți face rău inima atunci când e ziuă?
Și apoi
nu este oare dimineața oricărei zile
care ne dă înapoi și ne reînnoiește
inconștienți sănătoși și nevinovați?
Și apoi
Precum frunzele
o mare nevoie de lumină
care ne hrănesc și ne transformă.
Oh! Metamorfoze așteptate și zilnice.
Ce simbiozuri sau similitudini și osmoză
cum să nu fiți căsătoriți între atât de multe rădăcini, frunze și flori?

*

și în fiecare dimineață deschideți fereastra și auziți cântecul gros al păsărilor,
doar pentru a observa într-o zi că copacii cântă și râd
și zâmbești pentru că înțelegi că ai cunoscut întotdeauna
și ai ascultat bucuria tristă venită din suburbiile tale
ca o mână care trăiește în locurile inexistenței tale perfecte.
Acum știi că numai pentru ei poți să spui acea frământare comună
a pielii și a frunzelor acelui cântec în schimbare, care persistă în apelarea vântului.

*

Aici zorii sunt albaștri, albi și umezi.
La ora cinci, toate păsările vin și pleacă,
bufnița se întoarce de la schimbarea de noapte
și salută cu sufletul său perfect.
În apă există o lumină similară cu cea a unei stele
chiar și atunci când este deja dimineață
deoarece fântânile confundă ziua cu noaptea
scufundați în penumbra umedă.,
deoarece așteptăm doar o strălucire
care ne ține în viață chiar și din greșeală.

*

În fiecare seară puiul vine cu zborul său
moale și silențios intră în vaporii metamorfici ai râului
și iese în formă de tufiș alb și înflorit.
El cântă povestea rădăcinilor sale punctate de coruri
raganeilor în funcție de ritmul dansului chemării.
Câteva nopți apele se umflă până la marginea străzilor
ca și cum râul fără somn s-ar întoarce în albia sa.
O stea îi lipsește
iar arcanii în vârstă se rătăcesc împrejurul
unui univers care nu mai este cel de odinioară.

*

Se apropie o zi de ceațuri albastre
și ochiul tău clar este cel mai frumos lucru.
Meditez asupra numelor
intru într-o băltoagă de fețe fără brazde.
Cineva insistă să-mi strângă mâna.
Spune-mi ce mă dezorientează îi zic.
Dă-mi un cântecel în mintea mea spre a dormi în aer liber
Să fie apă pentru toți aceia care, ca noi, merg în deșerturi
pentru toți aceia care au murit așa cum au trăit
fără nici îndoială.

*

oamenii ar trebui să trăiască cu discreția florilor și apoi ar fi frumos
și sufletele ar fi cu siguranță picături colorate pe toate petalele.
Ei ar ști, bărbați și animale, care a fost răsplata cântecului și cea a tăcerii
așa că nu spune nimic, doar încearcă să asculți și să fii.

*

în cele din urmă, vântul a câștigat bătălia de seară
și frunza a căzut. Cu uriașul și irepetabilul
frunze de lianță. Dar în acea seară era o față
cu riduri mici pe frunte, pomeți foarte înalți;
Micuța cicatrice de la obraz la ureche
se răsucea în lupta lungă pentru a fi auzit.
Tatăl care stătea acolo brusc
a spus că privește spre infinit:
Vezi doar magnolia este o mireasă perenă
rezistă timpului și vântului și nu este niciodată goală.
Te încântă cu miracolul florilor
care au pielea de mângâiat
și parfum pentru a îmbăta.

*

Bufnița albă revine din zborurile sale profitabile și silențioase
cu o aripă umflată

își aranjează penele hainelor pentru că vrea să zboare
dincolo de pagină.
O cămilă mare albastră se odihnește
pe cenușa palidă.
Absențele sunt numărate în familia lupilor.

*

sângele?

Ce vom face cu acest sânge care iese dintr-un strigăt
atât de acut încât să crape gheața subțire ca sticla.
Fântânile și trandafirii sunt uscați
ca și femeile bătrâne din case.
Viermii își freacă mâinile în burta caimanilor.
*
dragostea mea dulce
ele nu sunt probabil pene albe ale tuturor icariilor pierduți
acele fulgi de zăpadă care vin în primăvara târzie
pe peluzele clarvăzătorilor îndrăgostiți?

*

Acum e iarnă.
Este o iarnă de ceață și ignoranță a lui Dumnezeu
despre ceea ce este experiența interioară a esenței.
Care este al meu?

*

O ceață groasă
conține zgomote
porți balamale pentru păsări
cu instrumente cu coarde și ciocane
hit-uri care răspund
lovituri și bufnituri, dar poate sunt animale
cineva cântă printre dinți
sau poate că este vorba de ticăloșia resemnată a unei turme
am auzit gurile mănâncând cu zecile sau poate sute
respirația, respirațiile, ritmul a milioane de mii de mandibule  și maxilare.
Deci sunt în viață.

*

Îmbrac un nor în fiecare noapte și plec.
Numai eu îmi spun adio, numai eu îmi dau bun venit.
Zbor spre a  mă simți liber, nu pentru că mi-e teamă.
Mă întorc de la dorință, nu din eșec.
Înainte să mă fi născut, am crezut că sunt o masă lichidă
Magică și abundentă.
Să fi dormit mult timp. Să fi trăit mult.
Constanța mea este marea și busola mea este furtuna.
Asta nu se oprește și nu încetinește, se întamplă pur și simplu
și nu mă abandonează.

*

Iarna îmi putea să mă înzepească peste toate venele
răbdarea era în mine ca o cenușă încă caldă
pe masă, pâinea era ca și cum ar fi știut că este o petrecere
iar ochii mei așteptaseră o rafală de vânt
să ridice încă fusta mătușii mele.
Cu mâna stângă am știut cum să transform mierea în buzunarul meu
și am avut în ochii mei un fir ambiguu de chihlimbar.
A purtat o limbă de garbino din mlaștini
o dorință nerostită de a pleca

*

Am mers împreună cu imaginația
unei insule trezite
și la primul soare cu căldura sa iubitoare
a ajuns să se usuce
umiditatea și repetarea noastră
vagabonde iubiri
întotdeauna creștea un trandafir unde
ne-am bucurat
și eu insist cu mâinile întunecate
încă o caut pe ea
dar când o văd în apropiere, iată ea devine palidă
se estompează și apoi dispare.

*

unde sunt ochii anilor?
în această dimineață m-am trezit și am gândit pentru o clipă că odaia era înflorită
apoi o celulă în flăcări, apoi ceva care se schimbă în haine cu haine transparente mari
tavanul este parte a gâtului, dar unde mă gândesc?
începutul anului în acest an?
Unde sunt ochii anilor?
Vom rămâne umani?
Vom încetini?
Și cât de mult?

*

Dar aceste vieți aspiră doar pentru a fi trăite
nu sunt ele oare mai sacre?
Oare nu sunt semnele, semnele unei credințe neclintite?
în schimb, îți rămâne spațiul pentru un strigăt acut fără sens
în acest oraș unde nici o ramură de copac nu bate la fereastră.

*

Sunt vinovat dacă mă abandonez în aceste momente de pace?
În câte tăieri marginale ale orașului există suflete
și corpurile abandonate sub cer
și tu ai o singurătate vie și prețioasă?
Ah! cât de dulce este să navighezi pe acest cer în această seară
în cazul în care nu există nici o frică în zboruri
pentru că există dreptul de a ateriza în ariile calme
când migrăm într-un alt timp din care nu suntem excluși
în care existăm cu dulceața și gustul de a trăi în viață.

*

Epilog

Astăzi îmi sărbătoresc căsnicia cu tăcerea și lumea este tăcută
Vibrează zgomotul contorului de nașteri și decese.
Eliberez un strigăt pe care l-am cusut în gât
și m-am lăsat dus ca un vechi pui de animal.

 

donna pensiero

Qui

di Marco Armando Ribani

testo originale in italiano

Prologo

dove se ne sono andati tutti
che non posso nemmeno gridare
che dalla bocca escono farfalle e libellule
che annunciano la mia morte in forma di totale assenza
che esplodono le guerre e le tempeste che lacerano la pelle delle madri
dal velluto della prima rosea pelle al marcire nauseabondo del fluido che fluisce
alle radici delle rose
Vedi
Mi dice
C’è una rosa per ogni ora del giorno 

Il nero involucro della notte. Ripiega.
Nei cieli l’aurora incendia l’attimo del’ultimo sogno.
Appare lo scheletro bellissimo dell’ inesorabile giorno.
La luce stana infine i corpi degli invasi dalla follia del sangue
Viene un silenzio inciso nella pietra che annuncia il varcare di una soglia
Cieli di nubi e polveri e sterpi. Spettri di imprese a lungo tentate.

*  

Ma il giorno quando sorge è il dio supremo
e generoso dona il suo vigore ai vecchi e stanchi rami
alle radici esauste
ai vasi costretti alle cortecce malate e decomposte
Come le amo
Come profumano per me di deliziosa ambra
Come è possibile che tu non pianga quando respiri?
Non ti fa male il cuore quando fa giorno?
E poi
non è forse il mattino di ogni giorno
che ci restituisce e ci rinnova
incoscienti e sani e innocenti?
E poi
Come le foglie
un grande bisogno di luce
che ci alimenti e trasformi
Oh! Metamorfosi attese e quotidiane
Quali simbiosi o simiglianze e osmosi
come non essere sposi fra tante radici e foglie e fiori?

*

e ogni mattina aprire la finestra e sentire il densissimo canto degli uccelli,
per poi accorgersi un giorno che anche gli alberi cantano e ridono
e sorridi perchè comprendi che lo sapevi da sempre
e ascoltavi la tua tristissima gioia salire dalle tue periferie
come una linfa abitare i luoghi delle tue perfette inesistenze
Ora sai che è solo a loro che puoi dire di quel comune fremere
di pelle e foglie di quel cangiante canto che ci ostiniamo a chiamare vento   

*

Qui le albe sono azzurre bianche e umide
Alle cinque gli uccelli tutti vanno e tornano
la civetta rientra dal turno di notte
e saluta con il suo sibilo perfetto
Nell’acqua c’è una luce simile a quella di una stella
perfino quando è già mattina
perché i pozzi confondono il giorno con la notte
sommersi nell’umida penombra.
come noi attendono un scintillio soltanto
che ci mantenga vivi anche per sbaglio

*

Viene ogni notte l’uccello nerissmo con il suo volo
soffice e silente entra nei vapori metamorfici del fiume
e ne esce sotto forma di cespuglio bianco e fiorito
Canta la storia delle sue radici scandita dai cori
delle raganelle secondo il ritmo del ballo del richiamo.
Certe notti le acque si gonfiano fin su su al limite delle strade
come se il fiume insonne si rigirasse nel suo letto.
Manca una stella
e gli arcani invecchiati vagano cianciando
di un universo che non é più quello di una volta.

*

Si avvicina un giorno di foschie azzurrissime
e il tuo occhio chiaro è la cosa più bella
Medito sui nomi
entro in una pozzanghera di visi senza solchi
Qualcuno insiste nello stringermi la mano
Dimmi solo quello che mi disorienta gli dico
Dammi una cantilena nella mente per dormire all’aperto
Fa che ci sia acqua per tutti quelli che come noi vanno per deserti
per tutti quelli che sono morti come sono vissuti
senza domanda alcuna

*

 

gli uomini dovrebbero abitare con la discrezione dei fiori e allora sarebbe bellezza
e le anime certamente somiglierebbero a gocce d’acqua colorata sui petali tutti.
Saprebbero, uomini e animali, qual’ era il turno del canto e quello del silenzio
quindi non dire nulla, cerca solo di ascoltare ed essere

*   

alla fine il vento vinse la sua battaglia serale
e la foglia cadde. Con la tremenda e irripetibile
lievità di foglia. Ma quella sera ella fu un viso
con le piccole rughe sulla fronte, gli zigomi ben alti;
La cicatrice lievissima dalla guancia all’orecchio
riecheggiava la fatica lunga per essere ascoltati.
Il padre che era lì seduto all’improvviso
disse guardando verso l’infinito:
Vedi solo la magnolia é una sposa perenne
resiste al tempo e al vento e non è nuda mai
T’incanta con il miracolo dei fiori
che hanno pelle da accarezzare
e profumo per inebriare

*

La civetta bianca torna dai suoi voli proficui e silenziosi
con un’ala tumefatta
si sistema le piume delle vesti perchè vuole volare
oltre la pagina
Un grande cammello azzurro riposa
sulla cenere pallida
Nella famiglia dei lupi si contano le assenze

*

il sangue ?

Che ne faremo di questo sangue uscito da un grido
cosi’ acuto da incrinare il ghiaccio sottile come vetro
Le fontane e le rose sono secche
come le vecchie donne nelle case
I vermi si sfregano le mani nelle pance dei caimani

*

mio dolce amore
non sono forse bianche piume di tutti gli icari sperduti
quei fiocchi di neve che vengono a tarda primavera
sui prati dei veggenti innamorati?

*  

E’ inverno ora
E’ un inverno di nebbia e di ignoranza di dio
di che cos’è l’esperienza interiore dell’essenza
Quale è la mia

*

Nebbia fitta
contiene rumori
cancelli cardini uccelli
strumenti a corda e martelli
colpi che si rispondono
colpi e tonfi ma forse è bestiame
qualcuno canta come a bocca chiusa
o forse è il brontolio rassegnato di una mandria
sento le bocche mangiare a dozzine o forse centinaia
il respiro i respiri il ritmo di milioni di migliaia di mandibole e mascelle.
Quindi sono vivo

* 

Indosso una nuvola ogni notte e parto.
Solo io mi dico addio solo io mi do il benvenuto.
Volo per sentirmi libera non perché ho paura.
Ritorno dal desiderio non dal fallimento
Prima di nascere pensavo di essere una massa liquida
Magica e abbondante.
Di avere dormito a lungo. Di avere vissuto a lungo
La mia costanza è il mare e la mia bussola è la tempesta
Che non indugia nè rallenta, semplicemente accade
e non mi abbandona

*   

L’inverno poteva nevicarmi per tutta l’ estensione delle vene
la pazienza era in me come una cenere ancor tiepida
in tavola il pane era come se sapesse che era festa
e i miei occhi attendevano un refolo di vento
che sollevasse ancora la gonna di mia zia
Con la mano sinistra sapevo girare il miele della mia tasca
e avevo negli occhi un ambiguo filo d’ambra
Una lingua di garbino delle nostre paludi portava
una non detta voglia di partire

*   

Camminavamo insieme sulla fantasia
di un isola risvegliata
e il primo sole col suo amorevole calore
veniva ad asciugare
i nostri umidissimi e ripetuti
amori vagabondi
sempre nasceva una rosa là dove
avevamo goduto
e io con le mani buie insisto
ancora a cercarla
ma quando la vedo vicina ecco che lei s’impallidisce
sfuma e poi svanisce

*    

dove sono gli occhi degli anni?
stamattina mi sono svegliato e ho pensato per un istante che la stanza fosse in fiore
poi una cellula in fiamme poi una cosa che muta vestito con grandi abiti trasparenti
il soffitto è parte del collo ma dov’è ho pensato
la testa dell’anno in questo anno?
Dove sono gli occhi degli anni?
Resteremo umani?
Rallenteremo?
E di quanto?

*   

Ma queste vite che aspirano solo a essere vissute
non sono forse più sacre?
Non sono forse i sensi i segni di un’ incrollabile fede?
invece ti rimane lo spazio per un insensato acutissimo grido
in questa città dove nessun ramo d’albero ti bussa alla finestra

*   

Ho colpa se mi abbandono a questi momenti di pace?
In quanti ritagli marginali di città ci sono anime
e corpi abbandonati sotto il cielo
e tu possiedi una viva e preziosa solitudine
Ah! come è dolce navigare in questo cielo in questa sera
dove nei voli non c’è paura alcuna
poichè si ha diritto d’approdare nelle arie calme
quando si migra verso un altro tempo in cui non siamo esclusi
in cui esistiamo con la dolcezza ed il sapore del sentirsi vivi

*

Epilogo

Oggi celebro il mio matrimonio col silenzio e il mondo tutto si tace
Fibrilla il ronzio del contatore dei nati e dei morti.
Libero un grido che conservavo cucito nella gola
e mi lascio fare come un vecchio cucciolo animale

 

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Giuseppe Tacconelli – “Un torrente che allegramente gorgoglia”

libro copertina gt

 

Questa silloge dice molto dell’autore, iniziando dal titolo Vorrei che quel domani fosse oggi.  Attribuisce un significato all’impazienza che il poeta mostra attraverso le parole scelte con cura per trasmettere al lettore le sue emozioni, che siano introspettive o che rappresentino l’elogio all’amore per la divina amata, la quale non è la semplice donna, ma “È l’origine dei popoli”. Con la semplicità del comune mortale, l’Autore si confessa: “Mi basterebbe sentirti respirare/ per sapere che ci sei”.

            Come un grande fabbro, Giuseppe Tacconelli, mi ha colpito con l’impeto del torrente dell’Eros, che si riversa in emozioni e fa della sua donna un mistero da svelare come “saette tra nubi pregne di prorompente trasporto”. Un eterno innamorato, il poeta, “rapito da dolce vertigine”, cela dentro di sé la primavera delle parole, alternando nella sua scrittura momenti di malinconia, di riflessione e di introspezione, con la  complicità  del “tempo che gocciola i secondi/ nei calici di torbide pozze.”, scoprendo tra preludi di dolce follia “un palpito che aveva il sapore di eternità.”. Egli si dona all’”anima santa tra gli angeli”, cantando con ardente passione, “narrando per le strade e locande” della sua purezza, come un sollievo.

Ho trovato in Tacconelli quella delicatezza dei passi di danza di una ballerina dagli “esili piedi” che scopre i suoni in un Bolero di Ravel, e come lei, si lancia “nell’infinito/ galleggiando in equilibrio sopra le note,”, in un “crescendo orchestrale”, che trova ristoro alla malinconia dell’abbandono dentro di sé, con “incerta oscillazione”, ponendosi domande, come ogni poeta alla ricerca di un percorso riconoscibile. Nel suo libro lascia un impronta che lo definisce come una “identità ritrovata” della quale aveva perso il sentiero, per poi ritrovarla “come se guardassi la prima volta in uno specchio.”

           Con ansia, come ogni individuo al tramonto,  l’Autore cerca l’”amore assoluto” nelle “note voluttuose”di un “tango dal ritmo serrato”,”fino allo smorzarsi dell’ultima nota,/ boccheggiando nel suo ultimo eco”con “gli occhi della mente”.  Un “intelletto in tumulto”, il suo, “come un pendolo che oscilla,/ senza decidere da che parte stare”.  Avendo avuto la possibilità di conoscerlo personalmente posso dire che il suo ego poetico “rimane solo un accenno di consapevolezza,/ nel crepuscolo della ragione.”,come le “schegge tra le pliche del tempo”,”raggomitolando” un filo di pensiero, che come una lacrima, “ sfugge al dignitoso dolore/ e ti dona un sorriso.”

           La sua intrisa tenebra poetica incanta come una chitarra in un concerto “ossessivamente eseguito nella vana attesa” in uno “smarrito silenzio”. Come un bambino quando sentendo la dolce “ninna nanna” si addormenta “cercando quel grillo invisibile che cantava tra le foglie/ senza sapere che era per amore.” cavalcando la verità nel forse, sapendo che comunque da grande potrebbe svegliarsi dal sogno in una realtà con “ondate marine furiose/ che sbriciolano barriere impossibili/ ridisegnando un destino sconfitto.”

           La sua anima invasa d’amore è “vagabonda”, “solitaria” come “un torrente che allegramente gorgoglia” cercando nuove promesse di “fertile futuro”, non sopportando “la menzogna” “nella pubblica piazza”e neanche “il bieco ingannatore” o “il cappellaio matto”. Giuseppe Tacconelli cerca di dimostrare “l’inutilità dell’improbabile,/ da surreale sciarada partorito” mentre l’ansia pervade “una buia prigione foderata di piombo” l’animo suo si allieta allo scorrere del tempo con una sinfonia al pianoforte che lo trascina “verso percorsi di vita imprevisti.”

            Lui è l’uomo esigente persino con sé stesso quando si rivolge al mondo di quale fa parte: “Mai ad esse vendere l’anima,/ abbagliato da suadenti profferte di gloria.” ma sempre con la speranza in un misericordioso Dio come un buon cristiano, dice: “Guardiamo imparziali in viso i responsabili,/ potremmo rimanere per sempre a mani vuote.” mostrandosi contrario ad ogni forma di violenza e alla guerra, esprimendo il suo approccio alla libertà di pensiero che costruisce la pace, consigliando al suo simile: “Ripudia con severità le sementa della discordia/ sparse dall’alacre artigiano di distruzione.” Delle volte trasformandosi in un accusatore consapevole: “Semini nevrotiche parole,/ tossiche demenze di domande senza risposta./ Persino omicida consapevole del tempo./ Abile solo nel confondere gli ignari viandanti,/ servendo una scolorita e scipita bevanda.” Altre volte trova “ingiusta punizione” portando la luce nell’oppressione “per un cuore abbandonato.”

            Tacconelli è un cantatore della vita, molto realista che elogia le mani che faticano anche quando il destino mostra “armoniche difformità”. Lui ha la consapevolezza che “le differenze non aprono voragini,/ affascinano ed attraggono l’anima” come è giusto che sia per ogni essere umano. Nel suo sogno della “discesa nel pozzo” si vede “soffocare ogni auspicio” e come ogni comune mortale, tal volta impaurito spera nel sorgere del sole per ritrovarsi in un’alba migliore. Anche sofferente mostra ottimismo: “È un altro colpo del destino,/ stelle avverse che voltano le spalle./ Ma non mi fermerò,/ ormai sono palla di cannone,/ lanciata sull’autostrada della vita.”

            Nelle “fantasie metafisiche” lui continua a sognare quel “amore celeste” fusioni di pianeti appartenenti allo stesso universo creativo di “rimembranze”“da vivere istante dopo istante,/ sino a quando il tempo perde di significato,/ ed il destino manterrà la sua promessa.” Poi torna ai suoi “orfani pensieri”dalla finestra di una casa di campagna che profuma di verità confessando un desiderio di tutti noi, di una realtà normale che rare volte si avvera: “Correre a piedi nudi tra alberi baciati dal sole/ con foglie che cantano la gioia di vivere.”, come un “risveglio”, “in armonioso equilibrio,/ sino a celebrare la magnificenza del creato.” Cercando sicurezza nell’approccio umano “Non posso temere l’ombra che un cuore dona/ con invitante e delicata domanda.//Faccio dunque entrare la sua anima/ e mi sento di nuovo al sicuro.”

            Come ogni poeta che si rispetta è sempre alla ricerca dell’eternità, con una impronta personale attraverso l’amore per l’universo e per il creato. L’essenza della sua poetica: “L’esistenza in quell’istante ripiega su se stessa./ Un singolo lembo la cui durata si espande/ diventando universo privo di confini./ Colmato unicamente dalle nostre essenze.”. L’amore in ogni suo aspetto che Giuseppe Tacconelli declama nei propri versi, è semplicemente sentimento che emoziona. “Discreta messaggera/ di ardente passione,/ t’amo o silente Luna.” ,“Non m’illudi evocando diafani miraggi,/ il volto tuo è per me certezza.”,”Nulla va perduto,/ per ritrovare la felicità.” Nell’amore si dona nella sua completezza anima e corpo, dedicando il tempo a ciò che ama di più: l’amore. Non è un semplice preludio ma un completo “abbraccio fisico e spirituale.”

             Consapevole che alla metà della vita si può ancora “Scoprire significati ove possibile./ Parlare senza presunzione di verità./ Conoscere cose e persone/ che appaiono senza sembrare.” Non dimenticando che il sentimento dell’amore e dell’amicizia ha una carica di energia vibrazionale che induce alla procreazione della vita e del pensiero. “Una stretta di mano val più di mille nodi.” dice, e non abbandonando colei che li ha dato la vita rivolge il suo pensiero: “Madre dei miei occhi,/ il cuore tuo mi dona ancora respiro.” desiderando di ” nascere di nuovo” per dedicarsi all’amore non dimentica nemmeno il suo gatto che “miagola come un soprano”.

               Il poeta Giuseppe Tacconelli si mostra un abile analista dell’essere umano, data anche la sua esperienza professionale in campo medico, essendo un’ infermiere apprezzato sul posto di lavoro. “Non sempre i diamanti brillano al sole,/ per quelli più puri occorre scavare”. Conclude il suo libro con un epilogo narrativo, con la stessa potenza poetica, su sé stesso e sul desiderio di continuare il sentiero impervio della scrittura quando l’ispirazione da seguito: “La poesia è quel mezzo di comunicazione puro che trascende labirinti o scatole cinesi.”

Roma, il 25 luglio 2017  

 

Lidia Popa

Per il libro rivolgersi a:

http://www.enolibreria.it/prodotto/vorrei-quel-domani-fosse-oggi/

libro copertina gt

 

 

 

 

 

 

https://giuseppetacconelli1.wordpress.com/?fbclid=IwAR0lzF0tGJEceUepTogZTkpcog8yjU-LLigt3o0w7Apqb-IY5QZiFKJQUBw

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Anfora di cielo di Lidia Popa

anfora foto scan 1

 

PREFAZIONE

Così Lidia Popa è:

“Quando  il verso colpisce,  mi fermo,

lo guardo  e il pensiero fiorisce

in una metafora  di polvere  di stelle.

Oggi le cose non vanno mai perse, solo  

le illusioni  che si fanno  su di esse.

L ‘emozione  anche in due righe è una fatica  … “,

e da questo breve passaggio in una lirica qui contenuta, molto si può capire. Ma ancor di più se ne percepiscono le intenzioni, le folgorazioni, la materia che tale penna è capace di infonderci. Concreta e forte, l’Autrice invita a buttar via le cose, gli oggetti feticci che condizionano e governano i nostri giorni, quella so­cietà insana che avvilisce l’essere umano e lo offende, sotto varie forme: la politica, ad esempio. Come quando preme sull’ugua­glianza, sui diritti di ogni persona, di qualunque partito sia, delle più disparate idee, perché l’uomo non deve essere emarginato per quel che pensa o che vorrebbe. Siamo stati messi qui, su que­sta fetta d’universo, per attraversare il tempo nascendo, vivendo e morendo. Tutti con un comune destino dunque, allora perché incentrare l’importanza di Tizio o di Caio a seconda della sua appartenenza a un ceto sociale piuttosto che a un altro? Questa raccolta nasce da un contenitore dell’anima, che metaforizzato è un’anfora ricolma di azzurro, il cielo. È possibile arginare un pez­zo di cielo? Forse sì, forse per ognuno di noi ce n’è un pezzettino e noi abbiamo il dovere di tenercelo stretto.

Così è che questa penna, a tratti incerta per l’ovvia difficoltà con la nostra  lingua italiana,  ha già una  sua caratteristica  piena,  sia nell’aspetto   formale  che in quello  semantico.  Non assomiglia  ad alcuno se non a se stessa, dunque molto riconoscibile  e immedia­ta.

Credo  che,  quando  la Nostra  prenderà  maggior  confidenza  con l’italiano,   potrà dare una  svolta  decisiva  a queste  già belle  pro­ ve che ci sta offrendo.  Uscirà dall’accenno   prosastico,  userà più sintesi e l’impatto  sarà ancora più forte. Resta il fatto che adesso possiamo  gustare una penna nuovissima  e fresca, un’adolescente che  sta sbocciando,  rosa  nata  da poco,  intrisa  di quella  rugiada che le darà nutrimento  nell’arsura.

Una silloge che è già emozione.

Silvia Denti

immagine della copertina del libro

cover anfora di cielo_001

È stato un caso nella vita, ma come ombra mi insegue.

(Introduzione)

Un pomeriggio  mentre  tornavo  a casa dal lavoro …

Quel  giorno   avevo  lavorato per  alcune  ore  a  casa  dei  signo­ri  di  Corso   Italia a Roma,   e  come   spesso   accadeva,   aspet­tavo  in  piazza  Fiume  l’autobus   che  mi portava   alla  stazione Flaminio,  per  prendere   la metropolitana.   Appena  salita sull’au­tobus,  trovai  un  posto  libero  tra  quelli  riservati,   e mi  sedetti. Di fronte  a me c’era una  donna  anziana,  intorno  a 70­75 anni  di età, con  un  bastone  in mano,  ben vestita  con un  cappotto,  fos­se  inizio   marzo   o  novembre   non  ricordo,   nemmeno   l’anno, di  preciso.  Fuori  scintillava  un  pallido   sole  che  le illuminava il viso, e  quello che mi  colpì fu che aveva tante  collane  colora­ te intorno  al collo e degli orecchini  a stella.   Istintivamente   sor­risi e la guardai,  e lei con uno  scintillio  negli occhi, mi rispose:

«Sei l’unica  persona  che mi ha avvicinato  su quest’autobus.  Tutti mi guardano  come se fossi diversa, perché  loro mi conoscono  … ma tu no.»

La tristezza nella sua voce mi colpì, e la fissai con attenzione  men­tre lei continuava:

«Mi hanno  spesso giudicato  come  “strana”, o “diversa”, ma la sai una cosa? Mi è sempre piaciuto  da morire;  non sopporterei  di es­sere vista come il resto del mondo,  perché  io, il resto del mondo, lo odio.»

…………………….. continua nel libro 🙂 …………………………………………………………………………………………..

 

Allora ho intitolato  questo libro:  ”Anfora di cielo” che racchiude in sé dei versi dedicati alla poesia, ai poeti  e alla grande  Alda Me­rini.

Lidia Popa

aldamerini

Un diamante tra i sassi

(ad Alda Merini)

Ho rovesciato  i dadi come bicchieri  vuoti,

ho teso lo spago e nell’attesa ho imparato

a navigare  tra due mondi:  il mio e il tuo.

E le scoperte mi hanno aperto nuove  strade.

Viuzze, vialetti  che non pensavo  di percorrere

fin quando di fronte mi è comparso  un viale.

Era tutto mio,  da costruire  da capo in granito,

una pietra millenaria  resistente  alle intemperie

da percorre  con carri armati. Non mi importa.

Quel dubbio diventerà  solida certezza

perché  la stabilità crea un’impronta

che si distingue  nella capacità

di diventare  unica,  durevole.

Un diamante  tra i sassi.

 

LIDIA POPA,  “Come un’anfora di cielo”

(Postfazione)

Basterebbero due cose, il titolo “Anfora di cielo” e l’introduzione della stessa autrice, per dire la fascinazione di questo libro di po­esia, il terzo, di Lidia Popa. Musicale il titolo, nel ritmo e nell’immagine di un firmamento sonoro, rovesciato, l’anfora, che piove azzurro e acqua cristalli­na, luce di vetro di Murano, e dice la freschezza, la delicatezza, la grandiosità e lo stupore cosmico di questa creatura, che vive solo nella parola e dentro la parola, come le api nei fiori da cui trarre miele e lei le rielabora, non per se stessa, per il suo apparire, ma solo per dare nutrimento, con grande prudenza, attenzione e rispetto, agli altri. Viene in mente, quell’esplosione di azzurro, vortice che l’anfora stella fa intuire piena di fresco, il cielo,  del quadro di Van Gogh “notte stellata”.

L’incontro, poi, in un autobus, ad indicare metaforicamente il viaggio, della vita e della poesia (mi ricorda l’opera di Giorgio Caproni ” il franco cacciatore”) con la poetessa Alda Merini, è di struggente dolcezza e poesia delicata, nel tratteggiare la diversità e l’emarginazione cui l’artista, di per sé, va incontro, in un mondo in cui vige non certo la bellezza, ma il disinteresse, l’egoismo e il non saper dare attenzione agli altri.

In queste coordinate, Lidia Popa,  si muove, in un diario che è poetico e umano, perché in lei è sempre presente l’assioma poesia = impegno di vita, correttezza, decoro, dignità umana, ascolto. Già a guardare  i titoli delle poesie presenti  in questa silloge, ci si accorge  di questa  visione  pedagogica  della poesia:  duplice,  cre­scita di se stessa, tenendo  conto degli insegnamenti  che la poetes­sa rivive  ricordando  gli affetti,  la propria  infanzia,  i  luoghi  della propria  patria,  la Romania,  e della nuova  in cui vive,  l’Italia   e Roma.

In lei c’è  un occhio  vigile per chi soffre, per il grande  esodo che attraverso l’Occidente   ricco  e distratto  da parte  di popoli,  i  vari Sud del mondo,  alla ricerca della libertà, di una vita degna di es­ sere vissuta. E, come ogni poeta vero, diffida dalla politica,  che non è più quel­ la della polis,  del confronto  onesto  e che metteva al primo posto gli interessi della  collettività,  nella  sua totalità,  rispetto  a quelli del singolo.

La politica,  rispetto  alla poesia,  non  ha parole  oneste,  vere,  ri­spondenti  alla realtà, né, tantomeno,  ha afflato d’infinito  e la no­stalgia  dell’eterno:   la politica, ormai  deteriorata,  ha parole  false, le sue parole mentono,  né ha il desiderio  dell’assoluto,  vivendo  il presente,  fatto solo di interessi,  affari, egoismi. C’è  in Lidia Popa quell’indignatio,   presente  nella miglior  poesia del mondo  classico,  e il richiamo  forte alla moralità  della parola, verbum,  tipica del mondo cristiano.

E il suo verso  sa passare  dalla  durezza,  quando  la vis polemica si fa acuta, per dire il degrado  dell’uomo,   la duttilità,  musicalità, dolcezza,  trasparenza  di aria e di cielo,  con quella  sonorità  pro­pria, in alcune composizioni,  del jazz,  tanto caro a lei che non ha potuto  apprenderlo  per questioni  economiche.

La  durezza  della  vita,  però,  non  prostra  la poetessa:   lei  indica strade nuove,  non quelle della tecnica  e del guadagno,  ma quelle che hanno  come  centro  l’uomo,  il cuore,  l’orgoglio,   rivendicato consapevolmente,   di dirsi poetessa  e,nello  stesso  tempo,  intrin­secamente  una persona  che sa vivere  il suo tempo  e sa indicare, nella parola,  i fremiti e le vertigini  delle stelle e del divino.

Trebisacce, li 24.11.2016                                          

Gianni Mazzei

 

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Lidia Popa intervista Eugenia Serafini

Eugenia Serafini è Docente Universitaria, artista multimediale, scrittrice, poeta/performer  di vasta esperienza internazionale.

E,Serafini La Spirale Foto Performance 1994

Laureata in Lettere Classiche all’Università La Sapienza di Roma, ha frequentato la Scuola Nazionale di Archeologia di Roma.

È stata Docente di Disegno nel Corso di Laurea di Scienze della Formazione Primaria dell’Università della Calabria sin dalla sua istituzione nel 1999 e fino al 2013, Docente di Storia dell’Arte all’AABB di Carrara e Docente di Storia dell’Arte e del Manifesto all’Accademia dell’Illustrazione e della Comunicazione Visiva di Roma.

Sue opere letterarie sono tradotte e pubblicate in arabo, inglese, romeno, francese, inglese, norvegese.

E.Serafini Ambientazione Chiamata alle donne per la Pace Acri 2007

Ha tenuto mostre , installazioni e ambientazioni performative all’Università della Calabria, 1996, 1998, 2000, 2005, 2007.

Stages, lezioni e Performance  alla University of Fine Arts, Luxor, 2000; all’Università di Bucarest, Craiova e Iasi (Romania), 2004, all’Università di Nimes, 2013.

1997

Ha partecipato a Simposi Internazionali di Arte e Cultura in Macedonia, Romania, Egitto, Norvegia.

Ha tenuto mostre, installazioni e VIDEO-installzioni in U.S.A. (NY City e Los Angeles, Art Basel MIAMI), Germania (Berlino),Francia, Norvegia (Oslo), Romania, Macedonia, Egitto (Alessandria e Luxor), Brasile, Ucraina, U.R.S.S., Lettonia.

Dal 1998 è stata corrispondente da Roma della rivista «Il Corriere dell’Arte di Torino».

E.Serafini Nuvola foto performance 1994

Redattore associata della rivista Noul Literator (Ro).

Ha curato le Mostre della D’ARS Agency di Milano a Roma dal 1996 al 2005.

e.Serafini Cavalieri Del Vento 2011 Biennale di Venezia.jpg

È tra i fondatori dell’Accademia in Europa di Studi Superiori Artecom-onlus.

È tra i Fondatori del prestigioso PREMIO ARTECOM-ONLUS PER LA CULTURA.

È Direttrice Editoriale dell’ARTECOM-onlus e curatrice del semestrale FOLIVM, per la parte relativa all’Arte e Letteratura contemporanee.

Ha organizzato Rassegne letterarie e Multimediali sin dagli anni ’70 a Roma.

È Direttrice della Sezione per l’ex-libris dell’ARTECOM-onlus.

Ha fondato, dirige e cura le edizioni di Libri d’Artista dell’Artecom-onlus.

Eugenia serafini mostra

  1. Raccontami di te nome cognome se hai un diminutivo nell’arte. Che studi hai conseguito? Com’è che hai scelto di diventare un’artista del pennello?

Sono Eugenia Serafini poeta/performer e artista multimediale, docente universitaria e giornalista pubblicista.

 Sono nata nel 1946 a Tolfa,  un delizioso borgo dell’alto Lazio di origini Etrusche, arroccato su un cono vulcanico chiuso dal Castello Medioevale dei Frangipane e dalla Chiesa della Madonna della Rocca.

Ho sempre amato la ricerca e lo studio, la letteratura greca e quella latina, i poeti arabi e orientali per la loro sensibilità così speciale, ricca dei colori dell’animo e della natura.

A 22 anni ero già laureata in Lettere classiche ed ho iniziato subito ad insegnare.

 Devo ammettere con gratitudine di avere avuto dei grandi maestri all’Università della Sapienza e questo ha favorito la mia formazione culturale.

La passione per la Storia dell’Arte mi ha spinto ad approfondire in modo particolare gli studi del ‘900 e del contemporaneo, anche perché sia come docente che  come artista non potevo esimermi dal conoscere la straordinaria evoluzione delle arti del XX e XXI secolo, e  soprattutto ”L’arte di questi ultimi secoli deve essere studiata come si studierebbe il Cinese o l’Arabo, altrimenti non si può comprendere fino in fondo.”, tanto per citare il caro amico prof. Giorgio Di Genova, che segue da tanti anni il mio lavoro di artista multimediale cui ha dedicato numerose pagine nella sua Storia dell’Arte del ‘900, Generazione anni quaranta, tomo I, ed. Bora 2007, pp. 555-559.

Amo tutti gli strumenti, dal pennello alle forbici e non ho pregiudizi sui materiali che possono aiutarmi a realizzare un’opera,  anzi mi piacciono le sfide e mi piace ottenere opere d’arte da materiali insospettabili, inaspettati.

Il prof. Mario Verdone, carissimo amico mio e di mio marito, professore Emerito dell’Università La Sapienza purtroppo scomparso, così mi presentava nella monografia D. Trombadori, C. Pitto, M. Verdone, cura di U. M. Milizia, Eugenia Serafini-Opere 1993/2003, Ediz. Artecom 2003, “Colpisce uno scritto di Eugenia di alcuni anni fa sulla “poetica dell’installazione”, forma che la Serafini teorizza e pratica nelle sue frequenti “performance”, perché l’autrice vi afferma il suo intendimento complesso in cui confluiscono i segni dell’essere umano e del tempo: questo spiega la sua innata poliespressività…La sua fantasia è libera, ma si identifica nella natura disubbidiente a leggi prestabilite, nella materia che incontra e assoggetta alla sua sensibilità, fossero pure ritagli, carta rozza o da macero, frammenti di specchio, di cartone o di metallo, e soprattutto “parole”, che nei versi diventano forme, ali, sogni, trasgressione, carne.”

 

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  1. Che professione hai nella tua vita? Come riesci a sostenere la tua attività pittorico-poetico-artistica?

Ho sempre insegnato, infatti sono stata Docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Carrara e docente di Storia del Manifesto e della Comunicazione visiva all’Accademia dell’Illustrazione e della Comunicazione visiva di Roma. Poi sono stata chiamata per Chiara fama ad insegnare Disegno nel Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università di Cosenza sin dall’istituzione di questa laurea.

L’attività di artista e performer, integrandosi nella mia costante ricerca “dell’arte totale”, mi ha consentito di essere chiamata e retribuita in Stage  e partecipazioni ad elevato livello teatrale e Universitario e infine una buona mano me la danno i miei collezionisti e gli amici che apprezzano i miei lavori.

Una delle forme artistiche che preferisco è proprio “l’arte totale” che io definisco a seconda dei casi “Installazione performativa” o “Ambientazione performativa”, che mi permette di creare una installazione o una ambientazione con le mie opere e quindi di recitare all’interno di esse (intendo proprio entrandoci dentro) i testi poetici – i miei “Canti di cantaStorie”, ediz. Artecom-onlus 2008 – che me le hanno ispirate, sì perché per me arte visiva e scrittura poetica sono strettamente correlate e si alimentano a vicenda.

E.SerafiniAlberoAlchemico acquarello 2016

  1. Quando hai iniziato a dipingere? Quali sono i tuoi maestri o professori dell’arte? Chi ti ispira nella pittura classica? Quali sono le tecniche che usi nei tuoi quadri? Raccontami dei tuoi acquerelli.

Nella mia ultima mostra romana allo “Studiolo” di via dei Marsi presentata dal critico prof. Carlo Franza questa Primavera, proponevo 20 grandi acquarelli sotto il titolo “Il segreto stupore degli alberi” e in quella occasione mia sorella Maria Teresa, che si diletta lei stessa di pittura e di poesia, mi ha scritto una lettera per ricordarmi che disegnai la prima quercia a 6 anni, in un pigro pomeriggio autunnale nella casa di Tolfa  e tutti, papà mamma e lei, restarono sorpresi dalla bellezza del mio disegno. Io non ricordavo l’episodio ma ho sempre disegnato e dipinto e ricordo che a 7 anni scrissi il mio primo romanzo immaginando di fuggire per mare con i miei cuginetti e mia sorella  su una barca…

Amo l’acquarello perché è espressione dei colori interiori trasparente, cristallina, delicata e perfetta e perché richiede una grande concentrazione e maestrìa, infatti non si può correggere. Mi piacciono gli acrilici perché sono veloci, accompagnano la mia esigenza di gestualità e immediatezza espressiva; mi piacciono certi PVC traslucidi e cangianti che uso per creare collage su quelle che io ho battezzato tanti anni fa con il nome di “sculture leggere”, siano Falchetti, Cavallini o Giralune. E Infine amo la ricerca dei materiali e delle forme, creare sculture leggere con carta pregiata o cartone riciclato, assemblato e dipinto, con lastre metalliche sulle quali traccio il mio segno grafico, ritagliandole poi in sagome.

Chi mi ispira? Amo tutta l’arte, italiana e non solo, in particolare posso citarti Caravaggio per la sua aderenza alla realtà e quella capacità modernissima di inquadrare le immagini, Bernini e Borromini per avere piegato le architetture come fossero fogli leggeri di carta, ma non posso fare a meno di apprezzare tutto il ‘900: il Futurismo perché ha saputo cambiare i punti di vista, innovare i materiali e le tecniche gettando i semi del Contemporaneo e poi Warhol, Lichtenstein e la Pop Art, il nostro Munari per la sua assoluta modernità…

E.SerafinifotoPerformanceFata morgana 1994

  1. Quanto incide la vita quotidiana nella tua arte? Cosa ti ispira e fa scattare la molla dell’ispirazione? Fai alcuni esempi. Hai una scelta preferenziale quando dipingi, una tendenza a isolarti, ascolti musica, leggi? Cosa ascolti? Cosa leggi?

Penso che un artista deve vivere la vita e non può tirarsi indietro, non può fingere di non vedere o non sapere: io mi sento sempre coinvolta e partecipe degli eventi sociali e umani che si verificano intorno a noi e anche molto lontano da noi. Del resto ho vissuto il ’68 alla Sapienza e ho partecipato alle origini del Femminismo a Roma, che dire? oggi è tutto OLTRE…e ALTRO. Anche io sono diversa da allora ma mi sento comunque partecipe della società in cui vivo e responsabile e credo di avere diritto sempre come cittadina del mondo di dire la mia opinione come pure di esprimere le mie emozioni profonde.

La Natura con la sua infinita gamma di elementi, dalla vegetazione agli animali, ai quattro elementi ARIA, ACQUA, TERRA E FUOCO e l’Universo per il suo mistero di infinito.

Tutto questo dico in poesia, in performance,  dichiaro nell’arte visiva: penso alla mia Performance ¿Donde estan?” dedicata alle donne dei desaparesidos, che ho portato al Teatro Argentina di Roma invitata dal direttore prof. Walter Pedullà nel 2000 e poi accompagnandola con i pannelli della ambientazione “Le vie del sacro”,  in tutta Italia in forma di Arte Totale, in Francia a Nimes, in Egitto a Luxor, in Romania all’Università di Craiova, Bucarest, Iaşi ecc.

Penso all’Ambientazione Performativa Il Pescatore di Sogni, dedicata ai migranti, prendendo spunto dalle migrazioni dei Calabresi nel ‘900, anche questa portata in gallerie e in tanti teatri italiani e esteri o alla grande ambientazione “NUVOLA”, 100 metri di cartone ondulato dipinto dedicato ai quattro elementi, esposto nella Succursale Fiat di Viale Manzoni a Roma, 1994/95! alla fiaba “Les oiseaux”, presentata nel Teatro dello Storico Café Notegen di via del Babuino a Roma (oggi scomparso) in Performance, con luci, musica, vocalizzi e grandi acquerelli alle pareti, nel 1996…

Quando lavoro alle mie cose devo essere sola e concentrata e spesso ascolto musica e la musica varia da quella moderna e rock a quella classica secondo il mio stato d’animo.

E.SerafiniAlberodei fiori e Frutti2017

  1. Quanti quadri hai dipinto nella tua vita artistica. Hai un catalogo dei tuoi dipinti? Pensi a dare un valore ai tuoi quadri? Hai una stima di prezzo, sono in vendita?

 

Ho dipinto centinaia di opere di media e grande dimensione e alcune “Nuvole” lunghe  decine di metri e ancor di più opere di piccola dimensione, acquarelli o acrilici che inserisco anche nei Libri d’Artista, ai quali periodicamente mi dedico, anche perché dirigo la Collana di Libri d’Artista dell’Accademia in Europa di Studi Superiori ARTECOM-onlus, Accademia che ho fondato nel 1972 con mio marito, il prof. Nicolò Giuseppe Brancato archeologo, storico dell’arte e studioso di Epigrafia Latina, e altri amici come il prof. Umberto Maria Milizia critico e Storico dell’arte e altri.

Certamente ho una ricca monografia con le immagini, la spiegazione della ispirazione poetica, esistenziale o sociale dalla quale nascono e la stesura programmatica delle mie Ambientazioni e delle Installazioni, D. Trombadori, C. Pitto, M. Verdone, cura di U. M. Milizia, Eugenia Serafini-Opere 1993/2003, Ediz. Artecom 2003, pp. 240.

Ad essa ho fatto seguire la pubblicazione del volume Eugenia Serafini, Canti di cantaStorie- Il mio teatro di performance, Prefazione di M. Verdone e L. Rendine, Postfazione di C. Pitto, Ediz. Artecom-onlus 2008, pp. 368, dove sono raccolti tutti i testi poetici che recito in quelle situazioni. Il volume è corredato di 25 Schede che riportano le varie Ambientazioni/Installazioni Performative, i luoghi, i titoli e l’anno. Tutto questo perché fosse completa la documentazione e la fruizione della mia arte totale e magari un domani riproponibile al pubblico.

Naturalmente ho pubblicato anche alcuni Cataloghi delle mie opere da parete, quadri, carte dipinte, sculture leggere in carta e in metallo.

Il valore ai miei quadri lo danno i collezionisti che li acquistano.

 

  1. Partecipi solo a mostre con più artisti? Se la riposta e “Si” vorrei conoscere la tua motivazione. Fai alcuni esempi. Quante mostre personali hai organizzato? Fai un elenco delle mostre con le date del passato.

eugenia serafini opera

E’ difficile che un artista professionista partecipi solo a mostre collettive, comunque io sono stata invitata a Eventi di grande valore, come la Biennale Internazionale di Venezia del 2007, 2009, 2011 o il Premio Limen Arte 2010 e 2012 a cura di Giorgio Di Genova, il Premio Internazionale Sulmona 1998, 2006, 2008, 2017, Il Premio Michetti 2003, A.R.G.A.M. Primavera Romana 2003, Il Premio Italia 2001.

Mostre Personali, Installazioni e Ambientazioni ne ho realizzate moltissime sia in Italia che all’estero, dagli U.S.A. alla Francia, alla Norvegia, Romania, Macedonia, Egitto… e sono storicizzate nella monografia che ho citato sopra e in numerosi cataloghi.

 eugenia serafini premi

  1. Hai partecipato a concorsi con le tue opere? Che premi hai vinto?

 

La bellezza nel ricevere un Premio sta nel sentire compreso il proprio lavoro, nel sapere che l’arte che esprimiamo è arrivata al sentimento degli altri e di questo il Premio costituisce un riconoscimento.

Fra i Premi vinti posso ricordare alcuni degli ultimi anni: Il Leone d’Argento per la Creatività della Biennale di Venezia 2013, il Premio per la POESIA- Premio delle Arti- Premio della Cultura del Circolo della Stampa di Milano XXVII Edizione 2015, il Premio Artista dell’Anno Firenze  2016,  il Grand Prix Absolute Premium International Florence Seven Stars, Firenze 2017, la Targa del Comune di Tolfa Artista Internazionale e  Ambasciatrice di Tolfa nel mondo 2017…la Lettera del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del 2009 che mi ringrazia per il dono della “Farfalla leggera”  una mia scultura girevole, double face in lastra di metallo variopinto con collage e struttura in plexiglass, la lettera della Segreteria di Stato di papa Francesco che mi ringrazia per il Grande Ventaglio con acrostico del 2013, come anche la lettera del Presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta con gli apprezzamenti per il Grande Ventaglio con acrostico a lui dedicato nel 2013, dopo l’assegnazione del Leone d’Argento.

 eugenia serafini poezii

  1. Come artista abbracci anche altri campi dell’arte, hai anche altre passioni oltre la pittura? Come ad esempio: musica, scultura, letteratura (poesia) … ecc. Parlaci un po’ delle tue passioni con degli esempi, se ti va.

Fra le mie esperienze più belle gli inviti a partecipare ai Simposi d’Arte all’estero: quattro volte tra il 1998 e il 2003 in Transilvania e Romania con mio marito, il prof. Nicolò Giuseppe Brancato archeologo, insieme ad altri artisti e studiosi, invitati dal Maestro pittore e poeta Horea Cucerzan, con il quale abbiamo fondato il Museo di Arte Contemporanea Micu Klein a Blaj, Transilvania.

Molto belle anche le esperienze al Simposio di Prilep, 1997, Macedonia e lo Stage alla University of Fine Arts 1999 di Luxor, Egitto e al Nesodden Kulturisten Art Festival 2016, Norvegia, che si è chiuso con la Mostra all’Istituto Italiano di Cultura di Oslo.

Le considero situazioni di grande respiro, ricerca, conoscenza di luoghi e persone irripetibili, che aprono la mente ad emozioni e comportamenti positivi di condivisione. Abbattono le frontiere del sospetto e ci fanno riconoscere come esseri di un’unica Terra.

 E.Serafini Cavallino scultura leggera  E.Serafini Maripose sculture leggere in carta

  1. Se pensi necessario aggiungere altro …

Da 11 anni curo a Roma la Rassegna Internazionale di Arti multimediali e scrittura “L’Albero delle nostre parole”, invitando poeti di tutto il mondo a leggere le proprie poesie, presentando libri e mostre, facendo musica, performance o proiettando video ma sin dagli anni ’70 mi sono occupata di organizzare mostre e premi di Arte, Grafica e scultura con l’Accademia in Europa di Studi Superiori Artecom-onlus e negli anni ’90 incontri molto interessanti, come Accademie in Mostra, dedicato ai giovani delle Accademie di Belle Arti Italiane, Passaggi non obbligati, che era una rassegna dedicata ai più noti scrittori e poeti italiani contemporanei, da Mario Verdone a Dacia Maraini, da Valentino Zeichen a Andrea Camilleri, a Mario Lunetta, a Vito Riviello ecc. interpretati da studenti di Accademie d’Arte Contemporanea come la Silvio D’Amico e l’Accademia Pietro Scharoff, con scenografie degli studenti delle AABB di Roma, Carrara, Firenze e l’intervista allo scrittore in chiusura di serata. Poi ancora altre Rassegne dedicate alla poesia e alla scrittura contemporanea, con particolare attenzione per le forme di nicchia quali la poesia sonora, la performance, la musica di ricerca,le mostre di libri d’artista e la Biennale dell’Ex Libris…

E infine ho sempre amato fare CULTURA SUL TERRITORIO, portando le mie rassegne di Poesia e Letteratura nelle Scuole.

E ora una POESIA e… dimenticavo di dire che amo la scrittura creativa, la poesia visiva e visuale o, come la definisce per me Mario Verdone “AEROLIRICA”!

 

Omaggio a Brian Patten

di Eugenia Serafini

E.Serafini foto Performace La Spirale 1994.jpgIn qualche luogo

Tiene in gabbia

martin pescatori

e pesci dorati nei vasi

colma d’amore e trepida

mentre aumenta il freddo.

io vivo io amo io piango

in qualche luogo

tra cielo e mare

 

tengo in gabbia

la Luna e

stELle

in vaSi arGentati

colma d’amore e trepida

mentre aumenta il freddo

io vivo io amo io piango

in qualche luogo

tra cielo e mare

tengo in gabbia

la Luna e

stELle

in vaSi arGentati

eugenia serafini nimes

Roma 09 dicembre 2017

© Lidia Popa

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Davide Cortese è la poesia del “popolo di Kandore”

Una sinfonia di parole non dette, sussurrate, nascoste dentro il petto che ognuno si porta come bagaglio della propria coscienza, con una lingua segreta indecifrabile che a noi stessi. Così il poeta Davide Cortese fa buon uso della parola per reclamare dei sentimenti nascosti che ci invadono quando la solitudine diventa l’amico fidato dei nostri giorni completandoci la personalità, quella che abbiamo sempre cercato ma che non a tutti si rivela.

“Bisbiglio al mio ventriloquo

un segreto che non conosco

ed egli con la mia bocca

lo rivela ad alta voce.”

La sua poesia svella l’arte di quale il poeta fa tesoro quando l’affanno culturale strabocca dal vaso di Pandora che lui stesso ha riempito nel tempo.

“Trema in me un destino taciuto”

Mi racconta una storia che non sa.

Inventa ad ogni istante un nuovo istante.

Insegna fiaccole alla mia oscurità.”

davide cortese

Un’artista apprendista direi, bravissimo anche a fare di questa sua capacità versi che diventano emozione senza mai esserci di troppo.

“Invisibile per te

il maniero d’ebano che mi è rifugio

sul macabro monte

chiamato “gobba del diavolo”,

invisibile l’angelo che veglia

tra i corvi sulle guglie d’oro,

invisibile il neo sul suo labbro

quanto è invisibile il suo canto nero.”

L’autore sa mantenere quel candore che solo “il popolo di Kandore” ha, nella sua ampia diversità. Leggendolo mi sento orgogliosa di essere una kandore abbitante di un mare in continuo affollamento di emozioni.

Ho letto due dei  ultimi libri di Davide Cortese: DARKANA e Lettere da Eldorado entrambi del 2017, e ho trovato nei entrambi la sua impronta, una firma da decifrare nel tempo.

“So lasciarmi dietro

la ferita inferta dal giorno

e lasciarmi dietro

il ricordo inferto dalla notte.”

I poeti sono tanti pochi diventeranno miti.

“Ho sulla pelle la luce tua.

Sulla bocca un nome per te.”

“So che la terra

è il cielo dei morti.”

 

Chi è Davide Cortese?

Davide Cortese è nato nell’ isola di Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all’Università degli Studi di Messina con una tesi sulle “Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane“. Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edizioni EDAS), alla quale sono seguite le sillogi: “Babylon Guest House” (Libroitaliano) “Storie del bimbo ciliegia“(Autoproduzione), “ANUDA” (Edizioni LaRecherche.it), “OSSARIO”(Arduino Sacco Editore), “MADREPERLA”(LietoColle), “Lettere da Eldorado”(Progetto Cultura) e “DARKANA” (LietoColle). I suoi versi sono inclusi in numerose antologie e riviste cartacee e on-line, tra cui “Poeti e Poesia” e “I fiori del male”. Le poesie di Davide Cortese nel 2004 sono state protagoniste del “Poetry Arcade” di Post Alley, a Seattle. Il poeta eoliano, che nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia, è anche autore di due raccolte di racconti: “Ikebana degli attimi“, “NUOVA OZ”, del romanzo “Tattoo Motel” e di un cortometraggio, “Mahara”, che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di EOLIE IN VIDEO nel 2004 e all’EscaMontage Film Festival nel 2013.

Roma 4 dicembre 2017

 

Lidia Popa

 

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Il poeta Lidia POPA – Nota critica di Massimo Chiacchiararelli per il libro “Punto differente (essere)”

La lettura della silloge “PUNTO DIFFERENTE (ESSERE)” di Lidia POPA, ha suscitato in me due sensazioni differenti. Al primo impatto, mi è parso di trovarmi di fronte alla musica di Sibelius e Wagner, due compositori il cui linguaggio armonico è molto potente,  idiosincratico e di non facile ricezione, per cui si fa fatica ad apprezzarli immediatamente se non si è più che profondi conoscitori delle tecniche di musica classica. Successivamente, invece, seguendo il principio del linguista e critico letterario austriaco Leo SPITZER, secondo cui “il mezzo più sicuro per individuare i centri emotivi di uno scrittore è quello di leggere i loro testi, leggere e rileggere senza stancarsi, finché una qualche peculiarità linguistica e sensoriale non colpiscono la nostra attenzione”, ho scoperto una poesia che fa breccia nel lettore per la potenza beethoviana dei suoi versi.

Ecco, quando si è diventati padroni della poesia di Lidia POPA, allora ci accorgiamo che è viva, piacevole, che canta indifferentemente l’amore, la morte, i riflessi emozionali ed esistenziali in un crescendo di note musicali e felici intuizioni, che coinvolgono il lettore al punto tale da risvegliare in lui dubbi e incertezze sul significato intrinseco della vita.

L’Autrice, a volte, con versi nostalgici non privi di spunti originali e buona musicalità “Da piccola sognavo di essere una ballerina. / Ascoltavo  fino allo sfinimento Tchaikovsky, / Beffando il destino, oggi le piroette / Che facevo nel “Lago dei cigni” / Sono il mio sogno incompiuto.” (Dalla poesia “Sognavo di essere”) rimanda il lettore indietro nel tempo, affinché anche lui possa godere, in un mondo ormai asettico, l’ebbrezza di un sapore che non ha più ritrovato.

Ma più spesso riscontriamo una poesia dolorosa, interrogativa, piena di innumerevoli “perché”, che non sembrano trovare risposta alcuna. Che cosa è che fugge più veloce del pensiero? Si chiede Lidia POPA e l’unica risposta che riesce a trovare è “la vita”, quella nostra vita che non riusciamo a vedere (“ Devi morire un po’ di volte, /prima di iniziare a vivere davvero” – dalla poesia “L’essere”), discernere, capire e vivere in un universo di illusioni e soprattutto privo della libertà e dell’amore.

A mio giudizio, la silloge  non è altro che un esame psicologico della propria anima, che Lidia POPA effettua passando al microscopio ogni minima manifestazione della vita, che quotidianamente ci coinvolge in quanto molecole infinitesimali della stessa.  La conclusione amara di queste riflessioni,che comunque non risolvono i tanti interrogativi della vita, la poetessa ce la dà nella poesia “ Punto differente” in cui afferma, senza alcuna retorica, che, così come per lei, non è facile per nessuno vivere questa vita dura.

Il poeta (mi pare brutto il termine “poetessa”) viaggia incerto sul sentiero della vita costellato di egoismo, indifferenza, dolore e percorso da una umanità votata alla rinuncia ed all’autoannientamento. Il suo canto libero diviene catarsi interiore, esortazione a ritornare alla spiritualità, all’amore verso il creato e i propri simili, in quanto “Essere gentile è un atto d’onore /che certifica la nobiltà, / e si ricrea dentro quando la natura spirituale accetta di evolvere / e non di conservare le proprie incapacità.” (dalla poesia “Essere gentili”).

Massimo Chiacchiararelli

Libro PdeLP

 

 

 

 

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Fausta Genziana Le Piane – Pensieri spontanei su Goliarda Sapienza e i suoi personaggi femminili

 

Ogni volta che si ritorna a rileggere stesso libro il nostro cervello scaturisce pensieri diversi, facendo d’esso una fonte inesauribile di sapienza.

Fausta Genziana Le Piane

Così Fausta Genziana Le Piane ritorna con un «Invito alla lettura de “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza». Sfogliando il libro La meraviglia è nemica della prudenza ti accorgi che nelle pagine che leggi si susseguono sedici saggi letterari nei quali, essa da fedele lettrice descrive, analizza il personaggio Modesta, con un fiuto fine da giornalista curioso per capire cosa avrebbe determinato la Sapienza a costruire la protagonista del suo romanzo, e un’intervista a Beppe Costa su Goliarda e alcuni appunti dei ricordi di altre persone, terminando tutto finemente con una poesia di Charles Baudelaire. Il libro citato sopra di Fausta Genziane Le Piane, ha la prefazione di Paulo Ruffilli e la postfazione firmata da Plinio Perilli.

Fausta libro

Per me, che devo crescere ancora con tutta modestia, mi sembra leggendo, di assistere a una discussione tra saggi psicanalisti che parlano in metafore dei capelli ricci. Mi meraviglio e rimango prudente riservandomi il diritto di leggere “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza.

 

La chevelure

di Charles Baudelaire

 

Ô toison, moutonnant jusque sur l’encolure !

Ô boucles ! Ô parfum chargé de nonchaloir ! (*)

Extase ! Pour peupler ce soir l’alcôve obscure

Des souvenirs dormant dans cette chevelure,

Je la veux agiter dans l’air comme un mouchoir !

La langoureuse Asie et la brûlante Afrique,

Tout un monde lointain, absent, presque défunt,

Vit dans tes profondeurs, forêt aromatique !

Comme d’autres esprits voguent sur la musique,

Le mien, ô mon amour ! nage sur ton parfum.

J’irai là-bas où l’arbre et l’homme, pleins de sève,

Se pâment longuement sous l’ardeur des climats ;

Fortes tresses, soyez la houle qui m’enlève !

Tu contiens, mer d’ébène, un éblouissant rêve

De voiles, de rameurs, de flammes et de mâts :

Un port retentissant où mon âme peut boire

A grands flots le parfum, le son et la couleur ;

Où les vaisseaux, glissant dans l’or et dans la moire,

Ouvrent leurs vastes bras pour embrasser la gloire

D’un ciel pur où frémit l’éternelle chaleur.

Je plongerai ma tête amoureuse d’ivresse

Dans ce noir océan où l’autre est enfermé ;

Et mon esprit subtil que le roulis caresse

Saura vous retrouver, ô féconde paresse,

Infinis bercements du loisir embaumé !

Cheveux bleus, pavillon de ténèbres tendues,

Vous me rendez l’azur du ciel immense et rond ;

Sur les bords duvetés de vos mèches tordues

Je m’enivre ardemment des senteurs confondues

De l’huile de coco, du musc et du goudron.

Longtemps ! toujours ! ma main dans ta crinière lourde

Sèmera le rubis, la perle et le saphir,

Afin qu’à mon désir tu ne sois jamais sourde !

N’es-tu pas l’oasis où je rêve, et la gourde

Où je hume à longs traits le vin du souvenir ?

B1       B 2

 (Charles Baudelaire, Les Fleurs du Mal, Paris, Poulet-Malassis et de Broise, 1857.)

la traduzione in rumeno di Lidia Popa

Părul
de Charles Baudelaire

O păr, ce cobori unduind pe gât!
O bucle! O parfum încărcat cu nonchalance!
Ecstasy! Pentru a popula în seara asta întunecatul alcov
Cu amintiri care dorm în aceste plete,
Vreau să se scuture în aer ca o batistă!

Asia languroasă si Africa arzătoare,
O întreagă lume îndepărtată, absentă, aproape moartă,
Trăiește în adâncimile tașe, o pădure aromatică!                                                                          Ca și alte spirite navighează pe muzică,
În mine, o dragostea mea! înotă în parfumul tău.

Voi merge acolo jos unde copacul și omul, plin de vigoare,
Se alină mult sub căldura climatului;
Cozi puternice, sunteși unda care mă duce departe!
Tu conții, o mare de abanos, un vis orbitor
De vâsle, vâslași, flăcări și stâlpi:

Un port răsunător în care sufletul meu poate bea
Cu valuri mari de parfum, sunet și culoare;
Unde navele, alunecând în aur și în moară,
Deschid brațele lor vaste pentru a îmbrățișa slava
Unui cer pur unde căldura veșnică se agită.

Îmi voi îndrepta capul vlăguit de beție
În acest ocean întunecat unde celălalt este închis:
acolo mintea mea subtilă mângâiată de mișcare
Te va găsi, o lene plină de roadă,
Îmbălsămările infinite de petrecere a timpului liber!

Plete albastre, pavilionul întunericului tensionat,
Voi îmi restituiși cerul azuriu imens și rotund;
Pe marginile pufoaselor onduleuri răsucite
Mă apasionez cu ardoare de mirosuri conduse
De ulei de cocos, mosc și gudron.

Mult timp! întotdeauna! mâna mea în coama ta groasă
Va semăna rubinul, perla și safirul,
Pentru ca tu să nu fii surdă niciodată dorinței mele!
Nu ești tu oare oaza la care visez, și ceașca
Din care sorb vinul de amintire?

 

Chi è Fausta Genziana Le Piane?

 

Fausta Genziana Le Piane è nata in Calabria e vive Roma. Laureata in Lingue, ha insegnato francese e ha vinto una borsa di studio per la Romania.
Ha curato le schede di lingua francese per la grammatica italiana comparata di Paola Brancaccio e adattato classici francesi per la scuola superiore. I suoi libri di poesie, “Incontri con Medusa” (Calabria Letteraria), “La Notte per Maschera” (Edizioni del Leone) e “Gli steccati della mente” (Penna d’autore) hanno incontrato il favore della critica.
Ha pubblicato con Tommaso Patti la raccolta di racconti “Duo per tre”, Edizioni Associate, Roma (Prefazione di Paolo Ruffilli) cui ha fatto seguito “Al Qantarah-Bridge”, Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi, Nicola Calabria Editore.
Ha pubblicato una raccolta di racconti, “La luna nel piatto”, Edizioni Associate, Roma, con annesso un sedicesimo dedicato alla pittura di Pinella Imbesi e “Interviste a poeti d’oggi”, Edizioni Eventualmente, 2010.
Si occupa di critica (AA.VV, “Clio e la parola-Critica e crestomazia della poesia di Maria Racioppi”, Nuova Impronta, 2003; Francesco Dell’Apa, “Dal tempo unico”, Città del Sole edizioni, 2003) e recentemente ha pubblicato “La meraviglia è nemica della prudenza“, invito alla lettura de “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, Edizioni Eventualmente.
Iscritta all’Ordine dei giornalisti, dopo aver scritto per il “Il Giornale d’Italia”, per la rivista “Poeti e Poesia” diretta da Elio Pecora ed essersi occupata di gastronomia francese per la rivista “Real Pizza”, ora cura una rubrica d’arte per la Consulta delle Donne di Wanda Montanelli (“Parliamo d’arte”) e una pubblicazione bimestrale “Kenavò” distribuita a Roma e in Sabina, diario delle attività culturali che si svolgono in Casa Duir, a Casperia (Rieti) – dove da poco sono stata invitata a collaborare con alcuni scritti.

Ha pubblicato una serie di quaderni (I Quaderni di Casa Duir) tra cui: “Enrico Benaglia, il pifferaio magico” (Penna d’autore), “Alla scoperta delle fave”, “Alla scoperta dell’arte del collage e del décollage”, “Non di solo pane” “Lettere a Fausta”, “Spiritualità da Montefiolo”, “Artisti Calabresi a confronto”).
Ha partecipato con i suoi collages a varie esposizioni. Alcune poesie sono state tradotte in francese, tedesco, inglese, spagnolo, romeno, russo, altre sono state musicate dal compositore Giorgio Fiorletta ed altre ancora, infine, sono state oggetto di studio, a cura del Professor Patrick Blandin, fra gli studenti della facoltà di Lingua e Cinema Italiani dell’Università di Tolosa e di Bordeaux.
Hanno parlato di lei: Dante Maffia, Italo Evangesliti, Plinio Perilli, Massimo Colesanti, Giorgio Bàrbieri Squarotti, ecc.

Ha vinto alcuni premi importanti:

Vincitrice del Premio “Mediterraneo” per il libro edito “Incontri con Medusa”, 2001,
5° classificata al VXI premio Internazionale di Poesia “La Torre d’argento”, Castelnuovo di Farfa, 2002
I° premio assoluto “Le rosse pergamene” per la silloge inedita, 2005,
Menzione speciale premio “Nosside”, 2005,
Premio “Donna e Cultura” per il Giornalismo, 2007
5° classificata al Premio Nazionale “Leandro Polverini”, Poesia Edita con “Gli steccati della mente”, 2013
Premio “Le rosse pergamene” per il giornalismo, 2013
Premio “Eudonna” per la saggistica con ”La meraviglia è nemica della prudenza”- Invito alla lettura de “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, 2014

 

Roma 22 novembre 2017

Lidia Popa

 

http://www.faustartepoesia.org/

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Sabino Caronia – Come il seme che nasce da feconda “nera terra”

Difficile parlare del libroLa ferita del possibilesenza un sorriso di comprensione per la sensibilità di intendere il mondo di Sabino Caronia. Ho conosciuto personalmente l’autore e ogni volta mi sorprende per la sincerità, perché è questo il sentimento che traspare dalla sua poesia. Non puoi leggere senza amare i suoi versi perché sono un dono che questo libro da ad ogni lettore, con la semplicità lessicale di quale si avvale per mostrare di quanto il mondo le sta vicino al cuore.

sabino caronia 1

Qual è il suo mondo, si chiede il lettore?

Ogni poesia che ho letto, e non sono poche sono sessantadue liriche suddivise in sei capitoli, chiamiamoli temi, che iniziano con una pillola estratta dai suoi versi, con quali il poeta t’introduce in una nuova atmosfera che spazia dall’amore alla malinconia, dalla nascita alla vita, dalla ricerca nel mito e l’esplorazione d’esso alla scoperta dello spirito, dall’oscurità al viaggio per ritrovarsi, dal sogno fantasioso al sonno eterno, dalla terra al cielo. sabino caronia la ferita del possibile

È come il seme che nasce da feconda “nera terra” concimata da tanta saggezza, riempiendo lo spazio che ci circonda, che l’esperienza e l’istruzione di Sabino Caronia lascia come impronta nei versi di “La ferita del possibile” edito nel 2016 da Rubbettino Editore. Ogni poesia che leggeremo dentro ha un suo perché, non è astratta ma illuminante con una saggezza che strabocca e che allo stesso tempo diventa un filo conduttore di questo libro che chiamerei con coraggio

un inno alla poesia”,

se non considereresti i titoli che sono stati scelti con cura come un distillato di purezza.

 

«Rispetto all’eterno

 

Silvia rimembri le morte stagioni,

il sole, il mar, le vie dorate e gli orti,

la bella giovinezza che splendeva

negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi?

 

Silvia rimembri il tempo tuo d’allora,

l’assidua tela, il tuo perpetuo canto,

i sogni, le speranze, le promesse

di quel vago avvenir che in mente avevi?

 

Dimmi, cos’è per te la vita adesso,

forse una luce di stella lontana,

di quelle a cui di notte gli occhi appunto

che sono immense e a me3 sembrano un punto?

 

Dimmi, cos’è per te quel tempo ancora,

cos’è, rispetto all’eterno, codesta

nostra età che richiede oscura prosa,

scaccia da sé la rima fantasiosa? »

 

 

Il poeta s’interroga, spedendo le domande alla sua musa ma non da un tempo alle risposte perché già le riconosce dentro sé stesso. Imparare a rifletterci sul perché di tante cose che accadono nella vita che lasciano il segno dell’indelebile, ma non devono distogliere il percorso poetico però rinforzare con il nutrimento che diventa base della saggezza. Ama giocare con le parole come una persona che ha tempo da dedicare agli altri, lenendo la sua anima dei pesi della quotidianità. Ecco, è questo il sentimento che ti rimane addosso, infinita leggerezza del proprio essere, che ci fa riflettere che poi il mondo non è così brutto, ma è tutto da scoprire seguendo il filo conduttore nella poesia che arricchisce per gli insegnamenti.

 

«Infinitamente

 

L’uomo sorpassa l’uomo,

mi ripete una voce,

e ostinata m’incalza

e mi spinge ad andare,

incognito a me stesso,

inquieto, senza meta.

E cosi me ne vado

in giro per le strade

sotto più chiare stelle,

dentro il buio più nero,

ubriaco di sogni,

di speranze e di cielo.

E m’immagino un santo

disceso sulla terra

a salvar fanciulle

dai cattivi mariti

e a regalar monete

d’oro a tutti i bambini. »

 

Chi è Sabino Caronia?

Sabino Caronia è critico letterario e scrittore italiano, e vive a Roma.

Ha pubblicato le raccolte di saggi novecenteschi: L’usignolo di Orfeo (Sciascia editore, 1990) e Il gelsomino d’Arabia (Bulzoni, 2000). Ha curato tra l’altro i volumi Il lume dei due occhi. G.Dessì, biografia e letteratura (Edizioni Periferia, 1987) e Licy e il Gattopardo  (Edizioni Associate, 1995).

Ha lavorato presso la cattedra di Letteratura Italiana Contemporanea all’Università di Perugia e ha collaborato con l’Università di Tor Vergata, con cui ha pubblicato tra l’altro Gli specchi di Borges (Universitalia, 2000).

Membro dell’Istituto di Studi Romani e del Centro Studi G. G. Belli, autore di numerosi profili di narratori italiani del Novecento per la Letteratura Italiana Contemporanea (Lucarini Editore), collabora ad autorevoli riviste, nonché ad alcuni giornali, tra cui «L’Osservatore Romano» e «Avvenire». I suoi racconti e poesie sono apparsi in diverse riviste.

Ha pubblicato i romanzi L’ultima estate di Moro (Schena Editore, 2008), Morte di un cittadino americano. Jim Morrison a Parigi (Edilazio EdiLet, 2009), La cupa dell’acqua chiara (Edizioni Periferia, 2009) e la raccolta poetica Il secondo dono (Progetto Cultura, 2013). Del 2016 è La ferita del possibile (Rubbettino).

 

Roma 22 novembre 2017

Lidia Popa

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NOTE CRITICHE

 

Io sono, io esisto…

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Trentadue liriche per sentirsi come “un punto differente” nell’Universo, per Esserci.           Si esprime nel verso libero, l’autrice Lidia Popa; in una sorta di proiezione di se stessa e , nella consapevolezza del vivere appieno ogni sua emozione, ne fa partecipe, nel verso scritto, chi si avvicina a lei, attraverso la sua poetica. I sogni, i desideri si mescolano con il quotidiano, con la realtà, in una sorta di ininterrotta sfida: …Sono nata nel momento sbagliato/ senza permesso/ senza l’amore pieno/ Di chi mi ha concepito/ E cosi ho imparato/ che la fiduccia ha il suo prezzo/… Eccolo in “Sognavo di Essere”, lo scontro con la vita, con l’inesorabile che s’infrange e che spacca. Quante cose un poeta può “Essere?”, forse tutto ciò che sogna, tutto quello che riesce a dipingere con il pennello dell’anima /… Sono il pittore sordo/che dipinge il petalo di rosa/ mentre cade sfiorando l’anima…/ ed ecco che i versi percorrono, attraverso le vibrazioni della pelle, i meandri dolenti della memoria. Nel percorso di profondità la Popa si appropria della parola scritta per uscire da se stessa e lo fa manovrando metafore e similitudini attraverso i suoi  mille perché che inquietano ed interrogano “il punto” in ogni battito di ciglia. Mio Essere/ Essere umile/ Essere gentili … è “L’Essere” e non l’apparire quello che coinvolge e che conduce il lettore ad interrogarsi suo malgrado. Nel verso, sovente prolisso, è contenuta le nenia, il dondolio, la carezza che accompagna e rende lieve il pensiero. Il poeta sa come esserci… per accarezzare l’anima.

Roma, 23 aprile 2017

Fiorella Cappelli

Articolo inserito nella Rivista Letteraria “Leggere:tutti”

numero 111 del aprile 2017 alla pagina 46

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Roberto Piperno e l’armonia tra le fedi

roberto piperno

Parto da questa poesia “Il cammino per l’armonia tra le fedi” per scoprire il messaggio che si cela nel libro “MONITORAGGIO VITALE” di Roberto Piperno.

“Non ho dimenticato malgrado le mie contraddizioni/che esiste Dio ben oltre noi umani …/Anche in tempi assai remoti/ gli esseri umani hanno cercato il percorso …/ Forse ora siamo ad una svolta più profonda/ incontrando tante donne e uomini diversi …” (da “Il cammino per l’armonia tra le fedi” pag.45)

L’uomo da sempre si è interrogato sull’esistenza di un’identità superiore nell’universo dove trascina i propri passi, camminando dalla nascita verso il tramonto oltre il varco sconosciuto che termina come una strada a senso unico nell’aldilà. Abbiamo bisogno di credere in qualcosa che ci dia la stabilità del pensiero. Il suo non è semplice poetare ma una continua esplorazione del quotidiano. Quella luce che ci fa uscire dall’oscurità che ogni umano attraversa più volte nella vita. Si trova vicino a noi, basta toccare ogni oggetto utile con meno disattenzione che purtroppo la routine imprime nel nostro carattere. Troviamo la fede negli atti compiuti ogni giorno come il pagamento di una bolletta, “… e chiedo a Dio di darmi ancora energia/ oltre quella che l’Enel mi propone con un sms.” (da “Luce” pag.13) mentre facciamo la fila alle poste, aspettando il turno dal medico specialista o compiendo la spesa al supermercato.

Il poeta stesso trova un senso in tutto ciò che accade attorno a noi. “Dunque si aprono varchi/ sempre più a sorpresa/ per chi tenta di capire ciò che avviene/ in questa vita sempre in cambiamento” (da “Resilienza” pag.18)

 Roberto Piperno Monitoraggio Vitale

Il libro “MONITORAGGIO VITALE” di Roberto Piperno è strutturato con cura in quattro parti: luce, attesa, esistenza, nuovo giorno.

Cosa significa per l’uomo tutto ciò che è contenuto in questi titoli?

La luce sarebbe la nascita, la vita, il risveglio, ma anche l’affacciarsi dalla finestra verso il mondo che ci fa da contorno alla vita. Le semplici constatazioni danno vitalità all’estemporaneo respiro. “Ci sono giorni che gli alberi non crescono/ e i rami si nascondono nel cavo ristretto/ della corteccia lunga che si stende stringendo/ la lenta ascesa della linfa nascosta/ e le foglie ancora appese sulle tante strade/ si nascondono dietro per non precipitare.”(da “Crescita” pag. 24)

Si procede con un’attesa, dove il pensiero dell’autore in un dormiveglia riflette con saggezza apprendendo il perché della vita come svela nei versi: “La nuova luce/ non apre il cuore a nuove certezze …/ … per la vita comune che ci veste …/ … di errori senza più rimedio.” (da “Dormiveglia” pag.44)

In questa attesa “il tempo mai si arresta”, “le giornate sono pasta ben condita” “per non illuminare le caverne/ sempre percorse in mezzo a draghi antichi” dove “si spera” quando un terremoto ci investe la vita “invocando Dio soltanto”.

L’esistenza si riduce ad un vegetare in riva al mare, davanti al televisore o ascoltando la radio che parla di politici interessati solo al potere. Mentre la salute dipende da una semplice medicina che se non assunta al momento giusto potrebbe cambiare il corso della vita con scosse di morte precoce. Così il pensiero va in pasto ai pesci, mentre l’acqua del rubinetto scorre nel nostro fulgido quotidiano. Il poeta riesce a trovare nella poesia un approdo essenziale per riprendere la forza utile a superare gli ostacoli della vita. Egli manda i “segnali di fumo” verso il mondo preoccupato e disattento. “È poco rilevante la scelta/della stilo a punta o della biro/ per fare il verso a Dante/ o della testina ruotante/ con l’asse basculante/ a seconda della direzione del sole/ e del pensiero che si trova/ nel quadrante della consolazione/ o dell’immaginazione o dell’amore/ che rima con cuore e con furore.”(da “Segnali di fumo” pag.73)

La fede nell’esistenza è quella della parola stessa ricercata, prodotta per sostenere le proprie idee ma che non ha sufficiente peso per rilevarsi da sola senza amore.

Il nuovo giorno è ancora quell’attimo d’attesa quando ci si immerge in profonda meditazione, davanti all’alba di una nuova vita che arriverà dopo il gong finale del tramonto spirituale. Dalla poesia “Parole” si erge il pensiero del nostro verso gli emergenti con il senso di responsabilità che il percorso di esistenza e saggezza lascia a ognuno. S’intravede un tendere la mano a chi ha più bisogno d’aiuto di noi. I poeti sono come i messaggeri di Dio quando dopo lungo tragitto nel buio, arriva la luce nel fondo del tunnel. La poesia dona speranza come una nuova cura. “Cerco la penna/ non per fare un assegno/ né per un breve appunto nell’agenda/ ma per cercare parole più vere/ per il campanello di questo cuore/ che batte per salvare la vita/ trovando la strada giusta per l’amore/ e l’aiuto a chi merita appoggio/ in questa difficile esistenza/ con il coraggio di dire la verità a tutti/ e non per sé soltanto e di nascosto.” (da “Parole” pag. 89)

Termino il viaggio attraverso le parole del “MONITORAGGIO VITALE” di Roberto Piperno con questi versi che sono l’impulso verso la qualità che ogni buon cristiano cerca di raggiungere per completare il cammino della fede e della conoscenza che è la “prima vita”. “Il cuore è necessario ma non basta/per ogni scelta che chiede anche ragione/ di ciò che si nasconde nel prossimo futuro/così una volta ancora apriamo il Libro/ quello più antico che racconta la nascita del mondo/ la Bibbia che ci propone i segni della prima vita.” (da “Fogli” pag.26)

L’armonia tra le fedi è la luce dello spirito umano che imprime alla vita il senso vero di bene, tutto dipende dal nostro atteggiamento. C’è la necessità imperiosa di un risveglio. “Un secondo è già passato/ sessanta sono stati un minuto nella sera/ e dieci nuovi versi l’avranno fatta più seria/ nella ricerca antica di una vita più vera./ Ritorna sempre la voce nascosta/ di raccogliere suoni che hanno siglato la notte/ e al mattino ritornano domande/ che dall’oscurità ricercano la luce./ Poco distante si muove la cameriera/ che anima il corridoio per spazzare a fondo/ e non lasciare le impronte tracciate/ da tanti veri amici di una serata in comune./ Sul balcone in alto sulla strada la gardenia/ si gode l’acqua appena scesa a carezzarla/ a riempirgli la linfa di speranza/ di un nuovo fiore per la prossima sera.” (la poesia “Risveglio” pag.101)

Chi è Roberto Piperno?

 

Roberto Piperno nasce nel 1938 a Roma, dove vive. Ha sviluppato un’ampia attività di docente e di traduttore a Londra e a Roma. Dagli anni 1980 ha svolto attività di dirigente del Dipartimento Cultura della Provincia di Roma e di consulente nazionale per le Politiche Culturali presso l’Unione delle Province d’Italia.

Ha collaborato con Filippo Bettini ad “Alegorein” e la trasmissione radiofonica “Poesia per la pace”, alla raccolta poetica “Poesie oltre i confini”, al volume “Roma Patria Comune”, al Thesaurus “Sotto il cielo di Roma”, con testi di poeti scrittori di ogni tempo che parlano di Roma; ha organizzato la istallazione di testi poetici nelle strade e nelle piazze di Roma.

Nel 1992 ha realizzato la prima traduzione in italiano del maggiore poeta israeliano Natan Zach nel volume “Poesie” in occasione del premio Feronia e poi “Confessione gentile” del medesimo autore.

È stato membro della giuria dei premi di poesia “Tivoli Europa giovani”, “Desideri preziosi” e del “Concorso teatrale dei Castelli Romani”. Ha collaborato alla realizzazione di rassegne di poesia quali “Il festival della poesia mediterranea”, “Roma Poesia”, “Voci della città/ Poeti a Roma 1950-2000”.

Organizza a Roma le rassegne letterarie “Bibliopoesia” nelle Biblioteche Comunali di Roma Capitale e “L’Isola dei poeti” sull’Isola Tiberina.

Ha pubblicato “Frattali” (nel 2000 – Manni Editore), “Al tempo stesso” (nel 2004 – Fermenti Editrice), “Sala d’attesa” (nel 2006 – Campanotto Editore), “Esseri” (nel 2010 – Istituto Italiano di Cultura di Napoli), “Andare per giorni” (nel 2014 – Tracce Editore).

Roma 1 novembre 2017

© Lidia Popa

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Francesca Farina – Alla pasticceria del pesce.

farina

Si può scrivere un poemetto al modo di sonetto? Sì che si può quando hai una cosa importante da trasmettere ai poeti e agli artisti della nostra epoca, continuare a scrivere o a mostrare la loro arte persino quando il destino si dimostra contrario. Trovi in suoi versi l’ottimismo per continuare un destino già segnato. Con un linguaggio semplice l’autrice con un connubio degno di lode tra la parola e le immagini di Rita Gherardi (pittrice astratta) riesce a infondere nel lettore la voglia di ricominciare con la musicalità del sonetto. Ancora una volta Francesca Farina con il poemetto “Alla pasticceria del pesce” (2012) non si smentisce per la sua determinazione nel portare ad alta definizione una opera con stile, una plaquette da assaporare e riflettere sopra come ad un piatto prelibato.

libro farina

Chi è Francesca Farina

Francesca Farina è nata in Sardegna, ha studiato a Siena e risiede a Roma ed è laureata in Lettere Moderne. Nel 1983 si è specializzata in Letteratura Italiana.

Ha scritto alcune silloge poetiche “Metamorphòseon”, “Tragoedia”, “Fleurs”, “Repertorio dei cieli” un romanzo “Casa di morti” e tre sceneggiature: “Vita di Vittorio Alfieri scritta da sé medesimo”, “Tamàrikes de preta”, “Il giorno del Giudizio” e ha vinto alcuni premi importanti tra cui “Premio nazionale Renato Fucini per il Sonetto”.

Dal 1986 collabora come critico letterario con la Rivista accademica “Esperienze letterarie” diretta dal professor Marco Santoro dell’Università “La Sapienza” di Roma.

Ha ideato alcuni eventi culturali tra cui: “Maratona dei Poeti”, “Leopardi’s Day”, ” L’Isola dei poeti” nell’ambito culturale di ogni estate all’Isola del Cinema a Isola Tiberina – Roma.

Gestisce un blog personale: http://www.poeticontemporanei.blogspot.com

Roma 06/10/2017

Lidia Popa

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Renato Fiorito – tra poema e racconto di una realtà dolente.

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“Un soldato, quando nessuno lo vede, può fare quello che vuole”

Mi ha colpito questa frasi come un pugno nello stomaco. Non è facile digerire questa realtà fatta di guerra, di crimini contro gli innocenti, di colpevoli senza essere mai puniti. Una guerra che dura da una vita per un lembo di terra dove tutti hanno vissuto come fratelli. Una guerra illogica fata di interessi, dove se alzano i muri da quelli che hanno vissuto dentro muri.

Eppure Renato Fiorito nel libro La terra contesa riesce a descrivere i fatti accaduti in modo equidistante non essendo né della parte della guerra, né della parte della pace. Lui è un relatore usando parole degli altri che siano ebrei o arabi, che contestano la convivenza che è diventata anomala lungo il tempo in una guerra che è fratricida, perché, si, i palestinesi hanno vissuto sempre come fratelli nella loro terra seppur appartenenti a diverse nazionalità, culture e religioni, che essi siano ebrei o arabi.

Mi nasce spontanea la domanda: Ma perché gli innocenti devono sempre pagare? A loro ha mai chiesto qualcuno se vogliono la guerra o desiderano la pace?

Il mio pensiero va a quei bambini che soffrono in mezza ai problemi creati dai guerrafondai e il mio animo urla il loro dolore:

La voce di un bambino

Vorrei che la pioggia lavasse tutte le guerre.

Vorrei che la pace fosse eterna.

Vorrei vivere in un mondo libero dal terrore.

Vorrei poter sognare ancora

Da grande fare aviatore, o professore

O medico, elettricista, cantante.

Vorrei un mondo pulito senza odio né armi

Giocare con i peluche e le bambole.

Vorrei che il mondo fosse una giostra

Con suoni di stelle che cadono dal cielo.

Vorrei che tu mi sia amico

Non trasformarti in un mostro, io ho paura.

Vorrei che la pioggia lavasse tutte le guerre.

Vorrei che la pace fosse eterna.

Vorrei vivere in un mondo libero dal terrore.

Ehi, tu uomo, che mi insegni la guerra!

La guerra fa male, donami la pace!

Insegnami la bellezza dei colori:

Che il colore della pelle non fa nessuna differenza.

Che non ci sono differenze tra le culture e le religioni.

Che il potere non è solo dei grandi

Ma anche dei piccoli.

Insegnami come donare una carezza ai deboli,

Come prosciugare le loro lacrime in sorrisi.

Insegnami come amare, non come odiare.

Vorrei che la pioggia lavasse tutte le guerre.

Vorrei che la pace fosse eterna.

Vorrei vivere in un mondo libero dal terrore.

Nota:

La poesia “La voce di un bambino” è parte del libro “Nell’antro dei miei pensieri (Dacia)/ În adâncul gândurilor mele (Dacia)” di Lidia PopaAletti Editore – 2016.

 “La Palestina era un paese unito.

Ci vivevano in pace ebrei e musulmani.

Dividerlo sembrava impossibile.

Eppure fu diviso e fu guerra

e  questa guerra non è mai finita.

Una strada segna il confine inventato.

Il suo tracciato è disseminato di morti.”

Versi tratti dal libro

La terra contesa” di Renato Fiorito  puntoacapo Collezione Letteraria – 2016.

libro-renato-fiorito

Questo libro è da leggere perché apre uno spiraglio nel pensiero sulla inutilità della guerra e la necessità della pace in alcune zone del mondo martoriate per interessi.

Chi è Renato Fiorito?

https://www.facebook.com/renato.fiorito/

Renato Fiorito è laureato in Economia ed è stato dirigente della Banca d’Italia, presidente del Premio Internazionale di Poesia e Narrativa “Don Luigi Di Liegro”.       Ha pubblicato i romanzi Tradimenti (Edizioni Zerounoundici – 2008), Ombre (2012), la silloge di poesia Legàmi (Lepisma – 2012). Ha ottenuto importanti riconoscimenti per la prosa e poesia. I suoi scritti sono in diverse antologie, riviste e blog letterari. Dirige il blog “La Bella Poesia“.

Roma, 06/03/2017

Lidia Popa

https://www.facebook.com/lidia.popa1/

https://www.facebook.com/LidiaPopa.scrittrice/

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Biography Lidia Popa

Lidia Popa was born in Romania in the municipality of Piatra Șoimului, in the county of Neamț, on 16th April, 1964. She finished her studies in Piatra Neamț, Romania with a high school diploma and other administrative courses, where she worked until she decided to emigrate to Italy. She has been living for 21 years and worked in Rome as part of the wave of intellectual emigrants since the fall of the Berlin Wall.
She writing first poem at her age of 7. She is a poet, essayist and storyteller, recognized in Italy and other countries for her literary activities. She collaborates with cultural associations, literary cenacles, literary magazines and paper and online publications of Romanian, Italian and international literature. She writes in Romanian, Italian and also in other languages as an exercise in knowledge.
She have published her poems in five books in Italy:
1. ” Point different ( to be ) ” – ed. Italian and
” In the den of my thoughts ( Dacia ) ” – ed. bilingual Romanian/ Italian Aletti Editore 2016,
“ Sky amphora ” – ed. bilingual Romanian/ Italian Edizioni Divinafollia 2017,
in Romania:
4. ” The soul of words” ed. bilingual Romanian/ Albanian Amanda Edit Verlag 2021,
” Syntagms with longing for clover ” ed. Romanian, Editura Minela 2021.
” The Voice interior ” Lidia Popa and Baki Ymeri ed. bilingual Romanian/Italian, Amanda Edit Verlag 2022.
Her poems featured in 50 literary anthologies and literary magazines on-line from 2014 to 2023 in Italy, Romania, Spain, Canada, Serbia, Bangladesh, United Kingdom, Liban, USA, etc.
Her poems are translated into Italian, French, English, Spanish, Arabic, German, Bangladesh, Portuguese, Serbian, Urdu, Dari, etc.
Her writings are published regularly in some magazines in Romania, Italy and abroad.
She is a promoter of Romanian, Italian and international literature, and is part of the juries of the competitions.
She translates from classical or contemporary authors who strike for the refinement and quality of their verses in the languages: Italian, Romanian, English, Spanish, French, German, stating that “it is just a writing exercise to learn and evolve as a person with love for humanity, for art, poetry and literature “.
She has been awarded starting from 2015 in some important international competitions with recognition diplomas, plaques, trophies and medals of which we remember:
*2015 Literary Prize I Trionfi – Francesco Petrarca International Academy, Italy for unpublished,
*2016 Corona International Literary Prize, Italy for publication
*2017 Poet of Love Award, Gala of Love, Italy for unpublished
*2017 International Contemporary Poetry Prize “Club della Poesia”, Italy, for publication
*2018 Maria Cumani Quasimodo Literary Prize, Italy for unpublished
*2018 Alberoandronico Award – Non-Italian native speaker plate, Italy for unpublished compilation
*2018 Literary prize diversamente Uguali, Italy for unpublished
*2019 Salvatore Quasimodo Award, Italy for publishing
*2019 Le Rosse Pergamene Award, Italy for unpublished
*2020 International Gold Cup Literary Prize in Colombia for Poetic Art
*2020 Universal Placa of Honor in Colombia for the contribution to universal poetry
*2020 Stella D’Oro Universal Award in Colombia for the passion of writing
*2020 Arpa D’Oro International Literary Prize Republic of Colombia, for poetry
*2020 César Vallejo Award conferred by the Spanish – World Writers Union (UHE) for literature,
*2021 Literary Creation Award in Colombia
*2021 Universal Art and Literature Award in Colombia
*2021 Diploma of Excellence and Universal Gold Cup in Colombia
*2021 Universal Golden Star Diploma and Medal in Colombia
*2021 International Golden Woman Leadership and Excellence Award in Colombia
* 2021 International Award for Columbia Academic Literature
* 2021 Medal of the Shakespeare Order for Literature
* 2021 UHE Golden Eagle World Award for Cultural Excellence
* 2021 Colombia International Prize for Poetry and Academic Literature
* 2021 Certificate of recognition for the Reader Day remembering the born day of the Argentina artist poet Jorje Luis Borges, San Rafael, Mendoza Argentina
* 2021Certificat of appreciation of Gujarat Sahitya Academy and Motivational Strips on the occasion of India’s 75th Independence Day in reconigtion and exhibiting literary brilliance par Global Standards
* 2021 Swami Vivekananda Changemaker Award for contribution howards nation’s development.
*2021 Silver Shield Award, Hispanomundial Union de Escritores, for distinguished work in favor of education, culture, art, poetry, literature and peace with social justice in the five continents.
*2022 Doctor Honoris Causa in Latin American Literature received by the Colombian Cultural Institution Casa Poetica Magia y Plumas for dedication and commitment to culture, with a message of peace and hope for the wisdom and wisdom of widespread and recognized work, important for future generations.
2022 Rabindranath Tagore Memorial Awards for literary contributions equaling world literary and also on satisfying the criteria norms set by Motivational Strips awards and recognition committee (MSARC) and Editorial board of SIPAY Journal, Department of Culture, Government of Seychelles.
2022 Birth anniversary national poet Kazi Nazrul Islam Award Sahitya Pata Bangladesh
2022 Certificate of Appreciation Sir Richard Francis Burton on the occasion of the World Day of Languages in favor of literature and culture in the united world
2022 World Award Rahim Karim in Kirghizistan Republic
2022 International Award for Peace dr. Juan Carlos Martínez Chuecas Mexico
2022 César Vallejo World Excellence Award in humanistic modality
*2022 Platinum Eagle World Excellence Award
*2022 – 21 Century Cultural Renaissance Award – recognition for contribution for world literature, history, art and culture by International Culture Institute HUMANITY FIRST of Dacca Bangladesh
*2022 Most Influential Writer’s Award for exceptional performance literary excellence in the year. Thank you to School Arts and Poetry of Nigeria
*2023 World Literary Prize of Rahim Karim (Karimov) World Literature Foundation.
She is a
*Member of the Italian Federation of Writers (FUIS)
*Honorary member of the International Literary Society Casa Poetica Magia y Plumas Republic of Colombia,
*Member of Hispanomundial Union of Writers (Union Hispanomundial de Escritores) (UHE) and Thousands Minds For Mexico (MMMEX)
*President UHE and MMMEX Romania, August 21, 2021
*She had come power of attorney Vice-president UHE Romania, Mars18, 2021- August 21, 2021
*President UHE and MMMEX Romania, August 21, 2021
*Counselor from Italy for Suryodaya Literary Foundation Odisha India,
*Director from Italy for Alìanza Cultural Universal (ACU) Argentina
*Member Motivational Strips Oman,a member of numerous other literary groups at the level internationally,
*Director of Poetry and Literature World Vision Board of Directors (PLWV) Bangladesh
*Membership of ANGEENA INTERNATIONAL NON-PROFIT ORGANISATION of Canada
Lidia Popa is
*Founder literary group Lido dell’anima with LIDO DELL’ANIMA AWARDS
*Founder LIDO DELL’ANIMA Italian magazine
*Founder SILVAE VERBORUM INTERNATIONAL multilingual magazine
*Founder VERBA HOLOSERICA Romanian magazine
*Founder literary currently #homelesspoetry
etc.
She has been invited to attend the 40th World Congress of Poets organized by the WORLD ACADEMY OF ARTS AND CULTURE to be held in Budapest, Hungary, from 20th to 27th September, 2021.
She collaborates with some magazines: Kenavò, Jolly Roger Magazine, Vocativ, L’ombra delle parole (Italy), POEZIA – ARPE (USR), Sintagme literare, Boem@, FeedBack, eCreator, Monitorul de Poezie, Extemporal liric, Astralis, Contrast literar, Plumb (Romania), Orizont românesc (Lebanon), Poezii pentru sufletul meu (Canada), magazine Association of Romanian Writers in Austria Condeierul diasporei (Austria), Cuvânt românesc (Spania) etc.
Contact:
periodicoonline.lidodellanima@gmail.com
lidodellanima@gmail.com
silvae.verborum@gmail.com
verba.holoserica@gmail.com
Site’s:
https://lidiapopablog.wordpress.com/
https://lidodellanima.wordpress.com/
https://silvaeverborum.international.wordpress.com/
https://socializzareconlaletteratura.wordpress.com/
https://www.facebook.com/lidiapopablog/
Awardsom, Recognitions

LIDIA POPA – AWARDS AND RECOGNITION

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Soavi sospiri

https://www.youtube.com/watch?v=6piYHiUQTjM&list=PLrZiVeNeRD7uhOCxFjgQAMv6FCPdHRxJB&index=28

 

cavallo donna

 

Ci sei ad un respiro
Dai piedi miei.
Toccandomi come la sabbia
Che tocca la punta della ditta,
E mi fa correre verso il mare.
*
Ci sei ad un respiro
Dai piedi miei,
Come la schiuma
Che mi tocca i polpacci,
E la salsedine
Che mi scivola addosso.
Un giglio del pensiero
Galleggiante nella foce del fiume,
Portato via dalla corrente.
*
Il mio cuore era isterico,
E non si poteva fare affidamento.
Quando ci siamo per caso incontrati.
Tu mi sorridesti,
E mi parlasti di niente,
E io mi accorsi che era
Questo che aspettavo da tempo,
*
Una voce carezzevole al mio udito.
Un abbraccio avvolgente gradito.
Ero nata per camminare
A piedi nudi sulle nuvole,
Solo che non ero abbastanza leggera,
E tra due nuvole mi occorreva
Un paracadute.
*
Tu eri li,
Comparso dal nulla a tenermi
Sulla linea del galleggiamento
Nell’aria di fronda.
Immutabile di te
Non posso guardare oltre
Per le vertigini.
Palpita il mio cuore
Come un orologio
A ritmo di sonata.
Esiste.
*
Ti sei soffermato dentro di me
Come la febbre, e ti ascolto.
Il tuo sguardo, i tuoi gesti,
La tua anima mi parla.
Ogni parola fa eco dentro,
Nelle anticamere del mio essere.
Fragile come un petalo.
*
E l’aria che respiro
Sospesa, insolita mi commuovo
In essenza di rose per te.
Mi abbandono nella notte
Ai silenzi del cielo.
Sei tutto nel niente.
Rimango senza fiato,
E non ho più l’età.
Mentre la mente
Non smette di sognare,
Per ogni bacio che mi lasci addosso,
Ho cento giorni da conservare.
Di te, di me, di noi.
Di sogni miei, di sogni tuoi.
*
Non potrei fare almeno
Di respirarti, di amarti.
Come una scoperta,
Un inizio senza una fine.
Senza di te sono niente.
Indomabile come il mare in tempesta.
Frangente come l’onda sullo scoglio.
Una domanda senza risposta.
*
Mi agito come un’alga al vento
In una liquida danza
Sotto il pulviscolo della luna.
Incontrando te ho smesso
Di sopportare il dolore.
Ho smesso di urlare
Il rancore contro il mondo.
Ho preso i tre angoli del mio cuore
E li ho piegati.
*
Camminavo sulle strade
Irrorando i miei pensieri
Con lacrime di rugiada,
Che diventavano diamanti.
Avevo battiti spenti
E ogni passo era agonia.
Dentro era solo un dirupo
Continuo, insensato.
Non intravedevo la sponda
Per quanto era profondo
Il vorticoso fiume nero
Che mi portava in un precipizio.
*
Cercavo nella luna
Parole di petali di rose
Dissolte nel fiume
Un gabbiano solcava
Le nuvole al tramonto
Portando nel becco
Un ultimo raggio di sole
Un volo che trafuga
La mia intimità
Fino all’ultima fibra dell’essere.
*
Potrei dimenticarmi di te,
Mentire a me stessa,
Infrangere la mia anima,
Sentire i non battiti del cuore,
Scordarmi di respirare,
Ma non di pensare a te.
*
Potrei dimenticarmi di te
In un attimo di follia,
Quando non riesco a capire,
Se hai cambiato il tuo modo
Di guardarmi, o sei preoccupato
Da un motivo estraneo.
*
Potrei dimenticarmi di te,
Nelle tue lunghe assenze
Di effusioni affettive,
Però sarebbe come
Una caduta dalle nuvole
Sull’asfalto bagnato.
*
Potrei dimenticarmi di te,
Quando il sole spunta
Accarezzandomi la pelle,
Mentre il cielo si specchia
Sul mare, e le onde
Mi massaggiano i piedi.
*
Potrei dimenticarmi di te,
Per un scorrere della sabbia
Nella clessidra sulla scrivania.
Ma guardando il tuo viso
Nell’album delle fotografie,
La mia memoria ritorna.
Dimenticarmi di te sarebbe
Come smettere di respirare
Per un nanosecondo.
*
Se il mio cuore a volte
E’ stordito e disorientato,
E’ perché, freme scoprire
Quel palpito debole
Dentro il tuo petto,
Che spasima per farsi coccolare,
Da una chimera che ascolti,
Plasmando una meta
Con contorno imprevedibile.
*
Boccioli di gigli bianchi
Che escono dalle cicatrici dell‘animo,
Seminando sensi di colpa,
Regalando illusioni di profumo,
Soavi sospiri.
© Lidia Popa

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Luceafarul de Mihai Eminescu

poesia donna barca

A fost odata ca-n povesti,
A fost ca niciodata,
Din rude mari imparatesti,
O prea frumoasa fata.

Si era una la părinti
Si mindra-n toate cele,
Cum e Fecioara intre sfinti
Si luna intre stele.

Din umbra falnicelor bolti
Ea pasul si-l indreapta
Linga fereastra, unde-n colt
Luceafarul asteapta.

Privea în zare cum pe mari
Rasare si straluce,
Pe miscatoarele carari
Corabii negre duce.

Il vede azi, il vede mini,
Astfel dorinta-i gata;
El iar, privind de saptamini,
Ii cade draga fata.

Cum ea pe coate-si razima
Visind ale ei timple
De dorul lui si inima
Si sufletu-i se imple.

Si cât de viu s-aprinde el
In orisicare sara,
Spre umbra negrului castel
Când ea o să-i apara.

*

Si pas cu pas pe urma ei
Aluneca-n odaie,
Tesind cu recile-i scântei
O mreaja de vapaie.

Si când în pat se-ntinde drept
Copila să se culce,
I-atinge miinile pe piept,
I-nchide geana dulce;

Si din oglinda luminis
Pe trupu-i se revarsa,
Pe ochii mari, batind inchisi
Pe fata ei intoarsa.

Ea il privea cu un suris,
El tremura-n oglinda,
Căci o urma adânc în vis
De suflet să se prinda.

Iar ea vorbind cu el în somn,
Oftind din greu suspina:
– “O, dulce-al noptii mele domn,
De ce nu vii tu? Vina!

Cobori în jos, luceafar blind,
Alunecind pe-o raza,
Patrunde-n casa si în gând
Si viata-mi lumineaza! “

El asculta tremurator,
Se aprindea mai tare
Si s-arunca fulgerator,
Se cufunda în mare;

Si apa unde-au fost cazut
In cercuri se roteste,
Si din adânc necunoscut
Un mândru tinar creste.

Usor el trece ca pe prag
Pe marginea ferestrei
Si tine-n mâna un toiag
Incununat cu trestii.

Parea un tinar voievod
Cu par de aur moale,
Un vinat giulgi se-ncheie nod
Pe umerele goale.

Iar umbra fetei stravezii
E alba ca de ceara –
Un mort frumos cu ochii vii
Ce scânteie-n afara.

– “Din sfera mea venii cu greu
Ca să-ti urmez chemarea,
Iar cerul este tatal meu
Si muma-mea e marea.

Ca în camara ta să vin,
Să te privesc de-aproape,
Am coborit cu-al meu senin
Si m-am născut din ape.

O, vin’! odorul meu nespus,
Si lumea ta o lasa;
Eu sunt luceafarul de sus,
Iar tu să-mi fii mireasa.

Colo-n palate de margean
Te-oi duce veacuri multe,
Si toata lumea-n ocean
De tine o s-asculte. “

– “O, esti frumos, cum numa-n vis
Un inger se arata,
Dara pe calea ce-ai deschis
N-oi merge niciodata;

Strain la vorba si la port,
Lucesti fără de viata,
Căci eu sunt vie, tu esti mort,
Si ochiul tau mă-ngheata. “

*

Trecu o zi, trecura trei
Si iarasi, noaptea, vine
Luceafarul deasupra ei
Cu razele-i senine.

Ea trebui de el în somn
Aminte să-si aduca
Si dor de-al valurilor domn
De inim-o apuca:

– “Cobori în jos, luceafar blind,
Alunecind pe-o raza,
Patrunde-n casa si în gând
Si viata-mi lumineaza! “

Cum el din cer o auzi,
Se stinse cu durere,
Iar ceru-ncepe a roti
In locul unde piere;

In aer rumene vapai
Se-ntind pe lumea-ntreaga,
Si din a chaosului vai
Un mândru chip se-ncheaga;

Pe negre vitele-i de par
Coroana-i arde pare,
Venea plutind în adevar
Scaldat în foc de soare.

Din negru giulgi se desfasor
Marmoreele brate,
El vine trist si ginditor
Si palid e la fata;

Dar ochii mari si minunati
Lucesc adânc himeric,
Ca doua patimi fără sat
Si pline de-ntuneric.

– “Din sfera mea venii cu greu
Ca să te-ascult s-acuma,
Si soarele e tatal meu,
Iar noaptea-mi este muma;

O, vin’, odorul meu nespus,
Si lumea ta o lasa;
Eu sunt luceafarul de sus,
Iar tu să-mi fii mireasa.

O, vin’, în parul tau balai
S-anin cununi de stele,
Pe-a mele ceruri să rasai
Mai mindra decât ele. “

– “O, esti frumos cum numa-n vis
Un demon se arata,
Dara pe calea ce-ai deschis
N-oi merge niciodata!

Mă dor de crudul tau amor
A pieptului meu coarde,
Si ochii mari si grei mă dor,
Privirea ta mă arde. “

– “Dar cum ai vrea să mă cobor?
Au nu-ntelegi tu oare,
Cum ca eu sunt nemuritor,
Si tu esti muritoare? “

– “Nu caut vorbe pe ales,
Nici stiu cum as incepe –
Desi vorbesti pe inteles,
Eu nu te pot pricepe;

Dar daca vrei cu crezamint
Să te-ndragesc pe tine,
Tu te coboara pe pământ,
Fii muritor ca mine. “

– “Tu-mi cei chiar nemurirea mea
In schimb pe-o sarutare,
Dar voi să stii asemenea
Cât te iubesc de tare;

Da, mă voi naste din pacat,
Primind o alta lege;
Cu vecinicia sunt legat,
Ci voi să mă dezlege. “

Si se tot duce… S-a tot dus.
De dragu-unei copile,
S-a rupt din locul lui de sus,
Pierind mai multe zile.

*

In vremea asta Catalin,
Viclean copil de casa,
Ce imple cupele cu vin
Mesenilor la masa,

Un paj ce poarta pas cu pas
A-mparatesii rochii,
Baiat din flori si de pripas,
Dar indraznet cu ochii,

Cu obrajei ca doi bujori
De rumeni, bata-i vina,
Se furiseaza pinditor
Privind la Catalina.

Dar ce frumoasa se facu
Si mindra, arz-o focul;
Ei Catalin, acu-i acu
Ca să-ti incerci norocul.

Si-n treacat o cuprinse lin
Intr-un ungher degraba.
– “Da’ ce vrei, mari Catalin?
Ia du-t’ de-ti vei de treaba. “

– “Ce voi? As vrea să nu mai stai
Pe ginduri totdeuna,
Să rizi mai bine si să-mi dai
O gura, numai una. “

– “Dar nici nu stiu macar ce-mi ceri,
Da-mi pace, fugi departe –
O, de luceafarul din cer
M-a prins un dor de moarte. “

– “Daca nu stii, ti-as arata
Din bob în bob amorul,
Ci numai nu te minia,
Ci stai cu binisorul.

Cum vinatoru-ntinde-n cring
La pasarele latul,
Când ti-oi intinde bratul sting
Să mă cuprinzi cu bratul;

Si ochii tai nemiscatori
Sub ochii mei ramiie…
De te inalt de subtiori
Te-nalta din calciie;

Când fata mea se pleaca-n jos,
In sus ramii cu fata,
Să ne privim nesatios
Si dulce toata viata;

Si ca să-ti fie pe deplin
Iubirea cunoscuta,
Când sarutindu-te mă-nclin,
Tu iarasi mă saruta. “

Ea-l asculta pe copilas
Uimita si distrasa,
Si rusinos si dragalas,
Mai nu vrea, mai se lasa,

Si-i zise-ncet: – “Inca de mic
Te cunosteam pe tine,
Si guraliv si de nimic,
Te-ai potrivi cu mine…

Dar un luceafar, răsărit
Din linistea uitarii,
Da orizon nemarginit
Singuratatii marii;

Si tainic genele le plec,
Căci mi le imple plinsul
Când ale apei valuri trec
Calatorind spre dinsul;

Luceste c-un amor nespus,
Durerea să-mi alunge,
Dar se inalta tot mai sus,
Ca să nu-l pot ajunge.

Patrunde trist cu raze reci
Din lumea ce-l desparte…
In veci il voi iubi si-n veci
Va raminea departe…

De-aceea zilele îmi sunt
Pustii ca niste stepe,
Dar noptile-s de-un farmec sfânt
Ce-l nu mai pot pricepe. “

– “Tu esti copila, asta e…
Hai s-om fugi în lume,
Doar ni s-or pierde urmele
Si nu ne-or sti de nume.

Căci amindoi vom fi cuminti,
Vom fi voiosi si teferi,
Vei pierde dorul de părinti
Si visul de luceferi. “

*

Porni luceafarul. Cresteau
In cer a lui aripe,
Si cai de mii de ani treceau
In tot atitea clipe.

Un cer de stele dedesupt,
Deasupra-i cer de stele –
Parea un fulger nentrerupt
Ratacitor prin ele.

Si din a chaosului vai,
Jur imprejur de sine,
Vedea, ca-n ziua cea dentii,
Cum izvorau lumine;

Cum izvorind il inconjor
Ca niste mari, de-a-notul…
El zboara, gând purtat de dor,
Pin’ piere totul, totul;

Căci unde-ajunge nu-i hotar,
Nici ochi spre a cunoaste,
Si vremea-ncearca în zadar
Din goluri a se naste.

Nu e nimic si totusi e
O sete care-l soarbe,
E un adânc asemene
Uitarii celei oarbe.

– “De greul negrei vecinicii,
Parinte, mă dezleaga
Si laudat pe veci să fii
Pe-a lumii scara-ntreaga;

O, cere-mi, Doamne, orice pret,
Dar da-mi o alta soarte,
Căci tu izvor esti de vieti
Si datator de moarte;

Reia-mi al nemuririi nimb
Si focul din privire,
Si pentru toate da-mi în schimb
O ora de iubire…

Din chaos, Doamne, -am aparut
Si m-as intoarce-n chaos…
Si din repaos m-am născut.
Mi-e sete de repaos. “

– “Hyperion, ce din genuni
Rasai c-o-ntreaga lume,
Nu cere semne si minuni
Care n-au chip si nume;

Tu vrei un om să te socoti,
Cu ei să te asameni?
Dar piara oamenii cu toti,
S-ar naste iarasi oameni.

Ei numai doar dureaza-n vint
Deserte idealuri –
Când valuri afla un mormânt,
Rasar în urma valuri;

Ei doar au stele cu noroc
Si prigoniri de soarte,
Noi nu avem nici timp, nici loc,
Si nu cunoastem moarte.

Din sinul vecinicului ieri
Traieste azi ce moare,
Un soare de s-ar stinge-n cer
S-aprinde iarasi soare;

Parind pe veci a rasari,
Din urma moartea-l paste,
Căci toti se nasc spre a muri
Si mor spre a se naste.

Iar tu, Hyperion, ramii
Oriunde ai apune…
Cere-mi cuvintul meu dentii –
Să-ti dau intelepciune?

Vrei să dau glas acelei guri,
Ca dup-a ei cântare
Să se ia muntii cu paduri
Si insulele-n mare?

Vrei poate-n fapta să arati
Dreptate si tarie?
Ti-as da pamintul în bucati
Să-l faci imparatie.

Iti dau catarg lângă catarg,
Ostiri spre a strabate
Pamintu-n lung si marea-n larg,
Dar moartea nu se poate…

Si pentru cine vrei să mori?
Intoarce-te, te-ndreapta
Spre-acel pământ ratacitor
Si vezi ce te asteapta. “

*

In locul lui menit din cer
Hyperion se-ntoarse
Si, ca si-n ziua cea de ieri,
Lumina si-o revarsa.

Căci este sara-n asfintit
Si noaptea o să-nceapa;
Rasare luna linistit
Si tremurind din apa.

Si imple cu-ale ei scântei
Cararile din cringuri.
Sub sirul lung de mindri tei
Sedeau doi tineri singuri:

– “O, lasa-mi capul meu pe sin,
Iubito, să se culce
Sub raza ochiului senin
Si negrait de dulce;

Cu farmecul luminii reci
Gindirile strabate-mi,
Revarsa liniste de veci
Pe noaptea mea de patimi.

Si de asupra mea ramii
Durerea mea de-o curma,
Căci esti iubirea mea dentii
Si visul meu din urma. “

Hyperion vedea de sus
Uimirea-n a lor fata;
Abia un brat pe git i-a pus
Si ea l-a prins în brate…

Miroase florile-argintii
Si cad, o dulce ploaie,
Pe crestetele-a doi copii
Cu plete lungi, balaie.

Ea, imbatata de amor,
Ridica ochii. Vede
Luceafarul. Si-ncetisor
Dorintele-i increde:

– “Cobori în jos, luceafar blind,
Alunecind pe-o raza,
Patrunde-n codru si în gând,
Norocu-mi lumineaza! “

El tremura ca alte dati
In codri si pe dealuri,
Calauzind singuratati
De miscatoare valuri;

Dar nu mai cade ca-n trecut
In mari din tot inaltul:
– “Ce-ti pasa tie, chip de lut,
Dac-oi fi eu sau altul?

Traind în cercul vostru strimt
Norocul va petrece,
Ci eu în lumea mea mă simt
Nemuritor si rece. “

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Il mare di pensieri di una madre

madre e figlia

È un mondo diverso quello di una madre consapevole della diversità di una figlia.

Ho trovato nel libro “Salutami il mare” di Carla De Angelis un mare di emozioni nate da domande, da risposte richieste e non arrivate, da accettazione della diversità, della ricerca persino della signora vestita di scuro con lunghi capelli neri o grigi che fermasse tutto.

Salutami il mare

Se è lo stesso di allora

Di quando il tempo era infinito

E indefinito il futuro

Un grido soffocato di impotenza e rassegnazione di fronte al destino dettato da un entità divina chiamata Dio nella notte dei pensieri. Un lieve accenno di colpevolezza per gesti come quello di fumare una sigaretta, in momento in cui dentro di noi vive già un altro cuore, un essere fragile che potrebbe rimanere danneggiato da un gesto considerato innocuo. Un mondo a me conosciuto di rado, per lavoro, che non mi ha indotto la stessa emozione, perché era solo un’accettazione secca del destino. Ora, però, riesco a percepire questo mondo diverso attraverso i suoi occhi e i suoi sentimenti che trapelano tra parole dette a denti stretti. Come un grido di dolore che sboccia, facendosi sentire la dove non era mai arrivato, che non odia ma ama, di un amore che solo una buona madre può dare alla propria figlia. Accetta rassegnata le parole di affetto che una bocca non potrà pronunciare, le carezze di una figlia che non li potrà ricevere, ma le immagina con la stessa dolcezza come se fossero compiute. Prosegue la sua vita con speranza che l’affetto la invaderà da altrove come un lampo.

Ho chiesto al sole un raggio di neve

Alla pioggia di unirsi alle lacrime

Al corpo di indossare i tuoi panni

Alla coscienza di assopirsi

Alla voce di vestire le tue parole

Alle mani di porgere i tuoi gesti

Agli occhi di inviare i tuoi messaggi

Alla brezza diventare un forte vento

Ai capelli di annodarsi per non morire

Chiedi: ti stai vendicando?

Rendere l’idea che pure con lo sguardo si può comunicare, si possono trasmettere emozioni, e come per magia anche l’affetto, lo trovo meraviglioso come un abbraccio amorevole. Come a lei però mi nasce spontanea la domanda:

I genitori sono sempre consapevoli quando portano alla luce un figlio?

Giro la zolla nel terreno

Quanti insetti muoiono

Sotto la vanga

Depongo il seme

Roma 13 maggio 2016                                                                                                                    Lidia Popa